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Mythbusters: l’era del turbo

Terza parte - come Ferrari è riuscita nell’impresa di gestire la sovralimentazione per trionfare in Formula 1 e sviluppare vetture stradali di caratura mondiale
Testo: Jason Barlow

Mentre il mondo automobilistico è alla ricerca di nuove soluzioni per sviluppare potenze più elevate all’insegna di una maggiore efficienza, l’induzione forzata rappresenta, senza alcun dubbio, uno dei sistemi migliori per ottenere questo risultato.

Il percorso seguito da Ferrari nel campo della sovralimentazione turbo è lungo e affascinante. La storia ha inizio, come spesso accade, in Formula Uno. Quando la sovralimentazione fece la sua prima comparsa nel 1977, si rivelò problematica, controversa e persino fonte di scherno all’interno del paddock. Tuttavia, non passò molto tempo prima che le vetture turbo cominciassero a collezionare vittorie, inducendo Enzo Ferrari a incaricare Nicola Materazzi – considerato il “Mr. Turbo” italiano dopo i suoi trascorsi alla Lancia e all’Osella – come supervisore dello sviluppo della nuova generazione di monoposto di F1 della Scuderia Ferrari. Materazzi riuscì ad apportare miglioramenti alla Ferrari 126 C del 1981, che si rivelava talvolta fin troppo irruente, ma la squadra raggiunse il proprio apice conquistando il titolo costruttori nell’82 e nell’83.

A questo punto, la sovralimentazione turbo si stava affermando anche oltre i confini del motorsport. E Ferrari non faceva eccezione. Tuttavia, il primo modello stradale della Casa di Maranello dotato di turbocompressore era una vettura a parte. La 208 GTB Turbo fu presentata nel 1982, in risposta alla tassa supplementare imposta dalle autorità italiane sui motori con cilindrata superiore a 2 litri. Grazie al turbo, la 208 GTB era in grado di sviluppare 220 cv dal suo motore da 1.991 cm³. Ne furono prodotti pochi esemplari, motivo per cui oggi viene considerata una rarità.

La storia delle Ferrari stradali a motore sovralimento è iniziata con la 208 GTB Turbo del 1982, lo stesso anno in cui la Ferrari ha vinto il suo primo titolo Costruttori con una vettura F1 turbo

Materazzi supervisionò anche lo sviluppo del motore montato sul modello successivo, la GTB Turbo, la cui potenza fu incrementata toccando quota 254 cv.

Tuttavia, l’ingegnere italiano è meglio noto per il lavoro svolto su due Ferrari di più alto lignaggio. La prima di queste è stata la GTO del 1984: la seconda Ferrari a fregiarsi di questo titolo onorifico. Anche questa vettura era dotata di due turbocompressori, collegati a un V8 di 2.855 cm³ – piuttosto compatto, allora come oggi – montato longitudinalmente al centro del telaio. Una coppia di intercooler raffreddava l’aria di sovralimentazione, consentendo di raggiungere una potenza di 400 cv. 

La sua erede, la F40, fu completata dal team di sviluppo in poco più di un anno e venne presentata nel 1987. Il V8 da 2,9 litri di cui era dotata erogava 478 cv, soprattutto in virtù delle due turbine IHI. All’epoca, il turbo lag era una conseguenza inevitabile di quella tecnologia: la turbina utilizza la pressione dei gas di scarico per centrifugare e forzare l’aria compressa nel collettore di aspirazione, un processo che può richiedere alcuni secondi. Il risultato, come si può ben notare sulla F40, è la sensazione di una tempesta in arrivo, seguita da un’accelerazione strabiliante. 

Ripercorri la storia delle Ferrari a motore sovralimentato

Dopo una lunga pausa, nel 2014 Ferrari puntò nuovamente sulla sovralimentazione turbo, a cominciare dalla California T. Gli ingegneri della Casa di Maranello ritenevano che la tecnologia avesse raggiunto un nuovo livello di maturità e confidavano nel fatto che le caratteristiche distintive delle proprie vetture – risposta istantanea all’acceleratore, erogazione di potenza senza soluzione di continuità lungo tutta la fascia dei regimi, sound inconfondibile – potevano essere combinate con la maggiore efficienza in termini di consumi e la riduzione delle emissioni garantite dalla sovralimentazione. Il nuovo V8 biturbo da 3,9 litri fu una vera e propria rivelazione. La California T presentava un incremento di potenza di 70 cv e un aumento della coppia del 49% rispetto al V8 aspirato montato sul modello precedente. 

La 488 GTB alzò ulteriormente l’asticella: la potenza del suo propulsore, pari a 670 cv, era la dimostrazione dei progressi compiuti rispetto all’epoca della F40, risalente alla fine degli anni ’80. Non solo: il tempo di risposta all’acceleratore era di appena 0,8 secondi. 

Come fecero gli ingegneri di Maranello a ottenere un tale risultato? Utilizzando turbocompressori compatti con tecnologia twin scroll che si attivavano quasi istantaneamente, in modo da rendere impercettibile il vecchio e fastidioso ritardo causato dal turbo. Il sound del nuovo V8 era senza dubbio diverso, ma pur sempre affascinante in termini di acustica, grazie all’albero motore piatto e a un impianto di scarico caratterizzato da condotti di uguale lunghezza. Un albero con cuscinetti a sfere collegava le giranti della turbina per ridurre l’attrito, mentre le giranti stesse erano dotate di nove pale per contenere la contropressione e aumentare la potenza. 

Dopo quasi trent’anni dalla F40, Ferrari è tornata alla sovralimentazione turbo con la California T

Vincitore di numerosi premi, il V8 biturbo da 3,9 litri continuò a evolversi attraverso le magnifiche 488 Pista e F8 Tributo. Ormai era in grado di sviluppare 720 cv a 8.000 giri/min, mentre le tecnologie come il Variable Boost Management consentivano al V8 di imitare la curva di coppia di un classico propulsore aspirato. Questa caratteristica gli regalava anche un’apprezzabile “guidabilità”: infatti, la risposta risultava incredibilmente vigorosa anche in quinta marcia. L’aspirazione di combustione della F8 è mutuata dalla vettura da corsa del campionato Challenge, portando avanti l’interazione tra strada e pista che ha rappresentato una peculiarità di Ferrari fin dagli albori. 

La SF90 ha alzato ulteriormente l’asticella: il suo V8 da 4 litri è dotato di turbocompressori con valvole di scarico a controllo elettronico e di impianti di aspirazione e scarico rielaborati, con una potenza del motore termico pari a 769 cv (1.000 cv inclusa la componente elettrica). 

In ordine di tempo, la F80 è l'ultima Ferrari con motore turbocompresso. Con 1200 cv, è anche la Ferrari stradale più potente di sempre

È poi arrivato il V6 turbo da 2,9 litri della 296 GTB, che ha dimostrato come l’assenza di un paio di cilindri non rappresenti un grosso problema. Questo motore è realizzato con configurazione a “V calda” a 120°: di conseguenza, risulta basso e largo per ottenere un baricentro ottimale. All’interno delle due bancate, infatti, c'è spazio per una coppia di turbine IHI (condivise con la SF90), le cui estremità sono più piccole per poter girare a velocità più elevate: 180.000 giri/min per la precisione. Il motore termico sviluppa autonomamente 663 cv (più 167 cv erogati dal motore elettrico, ma questa è un’altra storia). Durante la fase di sviluppo, il motore è stato soprannominato “il piccolo V12”. L’ordine di accensione simmetrico dei cilindri, i collettori di scarico ulteriormente elaborati e di uguale lunghezza nonché la linea rossa del contagiri fissata a 8.500 giri/min fanno sì che questa Ferrari intoni un sound degno di un’autentica Rossa: estremamente carismatico e in grado di raggiungere un crescendo da vera purosangue con l’aumentare dei giri.

La nuova supercar F80 porta questa formula a nuove vette, con un gruppo propulsore V6 turbo-ibrido e la trazione e-4WD ispirata alla Ferrari 499P vincitrice di Le Mans. Con una potenza complessiva di 1200 cv, la F80 è non solo la Ferrari turbo più potente mai arrivata su strada, ma anche la più potente Ferrari da strada in assoluto.