Lo scorso anno, la Ferrari 499P ha ottenuto uno straordinario trionfo nel centesimo anniversario della gara automobilistica di endurance più antica e importante del mondo. Una vittoria, la decima per Ferrari, rivelatasi anche una delle più memorabili. James Calado, Antonio Giovinazzi e Alessandro Pier Guidi hanno mantenuto le prime posizioni per gran parte della gara, spuntandola sui valorosi piloti avversari di Toyota, Porsche, Peugeot e Cadillac. Oltretutto, una 499P è partita dalla pole position, segnando uno straordinario debutto a Le Mans per la nuova hypercar elettrica ibrida della Casa di Maranello.
Le Mans è dove il nome Ferrari è salito per la prima volta alla ribalta internazionale. La Casa automobilistica, specializzata in vetture sportive e fondata da Enzo Ferrari solo due anni prima, vinse la 24 Ore di Le Mans del 1949, la prima a svolgersi dalla fine della guerra. Le ferite del secondo conflitto mondiale erano ancora ben visibili, tanto che una sezione del campo esterno era inaccessibile, per paura delle mine.
Quella che si aggiudicò la vittoria, una 166 MM, era un’auto compatta per gli standard di Le Mans dell’epoca e il suo motore, con una cilindrata di soli 2 litri, era il più piccolo ad essersi mai affermato nella competizione. Ma questo motore fu anche il primo V12 a ottenere il successo: le auto che erano state vincitrici negli anni precedenti, infatti, montavano motori a quattro e sei cilindri, con una cilindrata maggiore.
La 166 MM definì quindi gli standard sia per le Ferrari sia per le vetture che avrebbero conquistato Le Mans negli anni a venire, mentre il V12 divenne un marchio di fabbrica per la Casa di Maranello. Inoltre, con la sua scocca leggera e dalle straordinarie doti aerodinamiche, la 166 MM sarebbe stata di ispirazione per tutte le vetture affermatesi nelle successive edizioni.
La vittoria del 1949 ebbe tra l’altro un che di eroico: Luigi Chinetti restò alla guida per quasi 23 ore su 24 dopo che il suo compagno di squadra, Peter Mitchell-Thomson, noto ai più come Lord Selsdon, si era ammalato. In seguito, Chinetti sarebbe diventato il primo importatore di Ferrari in Nord America.
Il secondo trionfo per Ferrari arrivò nel 1954 e anche questo viene ricordato come uno dei più incredibili. Allora la favorita per la vittoria finale era la nuova Jaguar D-Type, eppure la Ferrari 375 Plus di José Froilán González riuscì a condurre in testa buona parte della gara, respingendo i continui attacchi di uno stuolo di Jaguar, tra cui la tanto acclamata D-Type di Stirling Moss. La Rossa, nonostante lo sfavore del pronostico, si difese egregiamente anche sotto una pioggia scrosciante, soprattutto grazie alla sua migliore affidabilità e alle straordinarie prestazioni di guida del pilota argentino.
Nel 1958, Jaguar veniva da una serie di tre successi consecutivi e si presentava ancora una volta come la grande favorita. Altre temibili rivali erano la nuova Aston Martin DB3S e la nuova Porsche 718 RSK; dal canto suo, Ferrari schierava invece la sua collaudata 250 TR (Testa Rossa). La gara fu funestata da terribili condizioni meteo, con quindici ore di pioggia, di cui tre a fortissima intensità. In una delle sue migliori prove durante gli anni di militanza nella Scuderia Ferrari e abilmente coadiuvato da Olivier Gendebien come co-pilota, Phil Hill guidò la sua 250 TR attraverso la tempesta, guadagnandosi la vittoria sulle tanto temute sportive britanniche e precedendo la Aston Martin, seconda classificata, di ben 12 giri. Fu la prima vittoria a Le Mans per un pilota americano. Hill avrebbe conseguito altri tre successi nella 24 Ore e, nel 1961, sarebbe diventato il primo americano campione del mondo di Formula 1, sempre per Ferrari.
Ferrari impose una vera e propria egemonia a Le Mans tra il 1960 e il 1964, ma il successo del 1963 fu certamente il più autorevole e significativo di tutti. In quell’occasione, la 250 P fu la prima auto con motore centrale-posteriore a salire sul gradino più alto del podio; si trattò inoltre della prima vittoria tutta italiana, con Lorenzo Bandini e Ludovico Scarfiotti che conclusero con un vantaggio di 16 giri a bordo di una 250 GTO. Al termine di quell’edizione, Ferrari arrivò ad occupare le prime sei posizioni della classifica.
Nel 1965 sembrò tuttavia che il vento stesse per cambiare a favore di un’altra concorrente: l’anno precedente, Ford non era riuscita a battere Ferrari, ma ora disponeva di un budget ancora più alto, di un parco macchine più nutrito e di piloti formidabili, come Phil Hill. La nuova GT40, poi, era veloce e potente e in pista, tra le undici Ford schierate, c’era anche una versione alimentata da uno spaventoso motore con 7 litri di cilindrata.
Il compito di difendere il titolo toccò alla nuova Ferrari 330 P2, affiancata da varie vecchie P1 e 250 LM, iscritte da privati. I primi giri videro le GT40 e le P2 contendersi le posizioni di comando, ma trascorse sette ore, tutte le Ford erano state costrette a ritirarsi. Poi furono le P2 ad avere problemi: Ferrari stava sperimentando degli innovativi freni a disco a ventilazione radiale, che di lì a poco avrebbero conosciuto ampia diffusione nel motorsport. Sfortunatamente, però, i nuovi dischi sperimentali montati sulle P2 iniziarono a rompersi.
E così, la 250 LM di Jochen Rindt (futuro campione del mondo) e Masten Gregory, iscritta da Luigi Chinetti a capo del North American Racing Team e certamente quella su cui nessuno avrebbe inizialmente scommesso, vinse precedendo di cinque giri un’altra 250 LM schierata da un concorrente privato. Per 58 anni, sarebbe rimasta questa l’ultima grande vittoria targata Ferrari a Le Mans, fino al trionfo dello scorso anno con la 499P.