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23 giu 2016Cars

Una leggenda intramontabile

23 giugno 2016

Testo Jason Barlow

Sono davvero passati 50 anni dal debutto della 330 P3, una delle Ferrari da corsa più amate?


Il 1966 fu sicuramente uno anno indimenticabile. Per i tifosi di calcio – i tifosi inglesi, per la precisione – sarà ricordato per sempre come l’anno dell’unica Coppa del Mondo vinta dall’Inghilterra. Per gli appassionati di musica, fu l’anno in cui Brian Wilson, col suo nuovo album Pet Sounds, condusse i Beach Boys in una nuova dimensione trascendentale, mentre i Beatles facevano uscire Revolver. Per gli amanti delle corse automobilistiche, invece, la metà degli anni '60 è ricordata come il periodo d’oro dello sport, periodo in cui il Campionato del mondo sportprototipi era considerato addirittura più prestigioso di quello di Formula 1.

 

Parte del periodo d’oro fu anche il dominio della Ferrari con la 330 P3, che, assieme alla P2 che la precedette e alla P4 che le sarebbe succeduta, si trovava nel tempio sacro dei modelli del Cavallino Rampante. Proprio come accade per la musica pop, il successo deriva certo da una magica combinazione di fattori, ma chiunque abbia visto una P3/4 dal vivo, o ne abbia sentito il motore, ne confermerà il fascino, a prescindere dal contesto. 

I retroscena sono talmente affascinanti che hanno attirato l’interesse di Hollywood (quest’anno, Brad Pitt si è recato a Le Mans per un progetto imminente).

 

Henry Ford II, dopo essere stato sedotto e abbandonato da Ferrari per la possibile vendita dell’azienda, aveva in mente una sola cosa: creare un programma automobilistico con l’obiettivo di sconfiggere Ferrari proprio nella sua specialità. Ford, tuttavia, non aveva alcuna esperienza nelle gare automobilistiche sportive, al contrario di Ferrari che fino al 1965 vantava già ben nove vittorie a Le Mans. Il risultato fu la GT40, une delle vetture sportive più conosciute di sempre, e la grande rivale della protagonista Ferrari 330 P. La battaglia stava per cominciare.

 

La Ferrari è, e rimane, una vettura da corsa inarrivabile, dall’estetica senza eguali. Alla P3, evoluzione della P2, si riuscì a conferire una maggiore aggressività, senza rinunciare alla sensualità delle sue forme. La vettura era più leggera della precedente e presentava un telaio tubolare con sottoscocca in vetroresina. La vetroresina fu utilizzata anche per i pannelli delle porte, al posto dell’alluminio, mentre il sistema di iniezione Lucas prese il posto dei sei carburatori Weber della P2. La P3 era una vettura molto bassa che non permetteva accesso e visibilità eccezionali, così si decise di abbassare il sedile nell’abitacolo e di posizionarlo al centro, per permettere il massimo comfort alla guida.

La P3 ottenne, inoltre, una maggiore stabilità grazie a una carreggiata più ampia, e il nuovo cambio ZF a cinque rapporti andò a sostituire quello utilizzato in precedenza sulle vetture endurance con motore centrale. Un V12 da 4 litri, successore del gruppo F1 da 3 litri, fu il cuore della P3: riusciva a generare fino a 420 cavalli a 8.200 giri (ottimizzando il rapporto potenza-peso di una macchina che pesava solo 851 kg).

 

Questa non è solo una delle Ferrari con il sound migliore, ma è uno degli esemplari di meccanica con la miglior sonorità di tutti i tempi. Si tratta di un vero e proprio cavallo da corsa: odia le velocità ridotte e si sente a suo agio solo dai 5.000 giri in su.

 

Sono state fabbricate solo tre 330 P3 e, anche se la gara di Le Mans del 1966 non riporta alla mente dei tifosi del Cavallino bei ricordi (diede il via a una striscia consecutiva di 4 anni di vittorie della Ford), quell’anno la Ferrari vinse alla 1.000 km di Monza e a Spa, grazie ai piloti Mike Parkers, John Surtees e Ludovico Scarfiotti. La vettura deve parte della sua reputazione, quasi mitica, alla conversione successiva delle vetture originali in P4 e 412 P.

Il 1967 fu un altro annus mirabilis, anche grazie alla vendetta che Ferrari si prese nei confronti di Ford, proprio a casa sua, a Daytona, arrivando nelle prime tre posizioni. Questa, però, è tutta un’altra storia. 

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