Alessio Viola
Ferrari è sempre stata all’avanguardia sul fronte tecnologico. Grazie ai sistemi avanzati di interfaccia uomo-macchina, in grado di seguire anche movimenti oculari rapidissimi, oggi è possibile sviluppare nuovi cruscotti e migliorare l’esperienza di guida
L’elettronica ha rivoluzionato il mondo dell’auto, sia in termini di produzione che di esperienza di guida. Il miglior esempio è probabilmente l’elettronica di bordo, che in pochissimi anni ha completamente rivoluzionato la plancia come mai accaduto in precedenza. In Ferrari, queste tecnologie sono state utilizzate per ampliare e migliorare l’esperienza di guida nel suo complesso, differenziando le vetture del Cavallino Rampante da tutte le altre.
Il processo di sviluppo consta di diverse fasi. Inizialmente, il team Ergonomia di Maranello lavora sulla definizione della posizione di guida, un processo basato essenzialmente su numeri: distanze, angoli, allineamento e una miriade di altri parametri. I risultati vengono poi condivisi con i colleghi del team Human Machine Interface (HMI) e si lavora insieme alla creazione dell’abitacolo vero e proprio.
In questa fase, l’alleato più prezioso dei team è il simulatore, utilizzato per ricreare le condizioni di guida in modo preciso e ripetibile. Il processo inizia con l’“interazione libera”. Si tratta di una selezione di strade virtuali molto diverse fra loro, che creano un’esperienza di guida virtuale estremamente realistica. I percorsi stessi sono l’equivalente virtuale di quelli nel mondo reale, come ad esempio l’ambientazione nei dintorni di Puianello, un classico per i test drive Ferrari.
Dopo la prima messa a punto, il team si concentra su rifinitura e perfezionamento dell’HMI al simulatore, verificando la posizione degli oggetti sul display virtuale, regolando gli schemi cromatici e i tempi di reazione dello schermo. Tutti i parametri vengono monitorati tramite la tecnica dell’oculometria, che prevede il puntamento di una speciale videocamera sul guidatore, in particolare sul volto, per studiarne movimenti e comportamenti. In questo modo si misura il tempo in cui lo sguardo non è sulla strada, i secondi necessari per portare a termine una data operazione e un migliaio di altri parametri che determinano le azioni (e le distrazioni) di un guidatore mentre è al volante. La tecnologia si sta evolvendo rapidamente grazie alla biometrica, che permette di verificare ulteriori parametri, quali la dilatazione pupillare, la frequenza cardiaca e la velocità di traspirazione, che vanno ad aggiungersi all’“equazione”, rendendo l’analisi ancora più approfondita e precisa.
Il processo di debugging finale richiede tuttavia una situazione reale e l’Auto HMI, una 488 GTB che somiglia più a un laboratorio mobile che a un’auto vera e propria. Il test più difficile e completo di tutti è rappresentato comunque dalla strada. Questo perché l’imprevedibilità del traffico e le condizioni meteorologiche causano cambiamenti e variazioni dei carichi cognitivi, creando le situazioni perfette per risolvere ogni ultima anomalia. La sicurezza non è l’unico fattore in gioco: l’HMI e ogni cosa ad essa collegata possono influire sull’essenza di una Ferrari, vale a dire sul piacere di guidarla.
Non basta quindi realizzare vetture semplicemente splendide, frutto di accurate e sapienti lavorazioni: queste devono tener fede alla propria missione, senza errori, sempre. Spesso questo obbliga i team a pensare del tutto fuori dagli schemi, ad applicare concetti e idee che magari già esistono ma che hanno poco o addirittura niente a che vedere con il mondo automobilistico. “Può sembrare un paradosso”, afferma Maximilian Romani, a capo del reparto HMI ed Ergonomia, “ma se davvero si vuole interpretare un requisito in un modo che sia Ferrari al 100%, bisogna dimenticarsi della tradizione. È quella che noi chiamiamo ‘Ferraritudine’: un modo di lavorare dove nulla viene escluso a priori, dove non si fissano limiti e paletti. Un modo di lavorare che ci impone di inventare qualcosa di diverso da quello che la storia e la leggenda Ferrari altrimenti imporrebbero”.