Felice e forse sorpreso. La vittoria di Mansell al suo debutto per la Scuderia al Gran Premio del Brasile del 1989 che apriva la stagione, fu un trionfo epocale, non solo perché fu un debutto da favola per il pilota che i tifosi chiamavano “il leone”, ma anche per le caratteristiche tecniche innovative della sua Ferrari. La 640 era e rimane una delle auto da corsa più eleganti mai realizzate, una dimostrazione del vecchio adagio secondo cui una vettura bella è solitamente anche veloce.
Dotata del nuovo 'paddle shift', la Ferrari 640 regalerà a Mansell la vittoria d'esordio con la Scuderia Ferrari alla prima gara della stagione 1989 - Brasile
Ma lasciamo da parte l’estetica e concentriamoci invece sulla trasmissione, perché questa Ferrari è stata la prima a dotarsi di una delle più grandi innovazioni del motorsport: il cambio semiautomatico. Una frizione tradizionale era necessaria solo alla partenza e durante i pit stop, mentre il cosiddetto cambio tramite palette permetteva al pilota di mantenere le mani sul volante e di concentrarsi sulla traiettoria ottimale.
Eppure il fermento pre-campionato si era attenuato. Si diceva che la 640 mancasse di grinta e che l’elettronica della sua trasmissione fosse sì molto ingegnosa ma, come spesso accade in questi casi, anche inaffidabile. Continuava ad avere problemi nelle prove libere e nelle qualifiche, e Mansell aveva scherzosamente consigliato al pilota British Airways che lo aveva portato a Rio di aspettarlo nel volo del ritorno, la cui partenza era prevista prima che finisse il GP.
Guarda la storia del cambio al volante e la sua influenza sulle auto da corsa e stradali Ferrari
L’innovazione di Ferrari si è fatta strada a fatica ma avrebbe cambiato completamente la storia della F1. Ben presto, tutti avrebbero adottato un sistema semiautomatico simile. Ma Ferrari era più avanti di quanto pensasse la maggior parte degli osservatori. Merito del grande Mauro Forghieri, l’uomo a cui Enzo Ferrari affidò il destino tecnico della Scuderia nel 1963, quando aveva solo 26 anni. Arriviamo alla fine degli anni Settanta, con i motori turbo, il nuovo paradigma e le migliori menti della F1 che cercavano un modo per aggirare l’inevitabile ritardo.
Forghieri pensava che una trasmissione semi-automatica potesse risolvere il problema e ne montò un prototipo su una Ferrari 312 T del 1979. Funzionava con un sistema idraulico ad alta pressione, simile a quello usato in aviazione, con pulsanti montati sul volante per cambiare le marce.
Il Direttore Tecnico della Ferrari, John Barnard, con il pilota Nigel Mansell. Era convinzione di Barnard che un cambio semiautomatico fosse fondamentale per la vittoria della Scuderia tanto che il cambio al volante arrivò sulla Ferrari 640 di Mansell
Gilles Villeneuve in persona lo testò sulla pista di Fiorano di Ferrari, dove pare abbia completato 100 giri senza problemi. C’era un solo problema: non gli piaceva. “Nonostante il risultato di successo”, dichiarò Forghieri, “non era convinto. Gilles mi disse: ‘Una leva del cambio in acciaio sarà sempre più affidabile dell’elettronica’. Il progetto fu temporaneamente accantonato. Enzo Ferrari ha sempre accolto le richieste di Gilles”.
Stranamente, furono i preparativi per l’era post-turbo che doveva iniziare nel 1989 a rilanciare il progetto. Non è chiaro se il nuovo direttore tecnico della Ferrari, John Barnard, fosse a conoscenza degli sforzi del suo predecessore. Ma quando iniziò a lavorare per la Scuderia nel 1986 - dopo aver convinto i dirigenti a permettergli di aprire un centro tecnico nel Regno Unito - il cambio semiautomatico rientrava nella sua filosofia. Perché? Perché un motore aspirato doveva operare all’interno di una banda di potenza più stretta rispetto a un motore turbo, richiedendo più cambi di marcia.
Mauro Forghieri (qui con il pilota neozelandese Chris Amon) aveva appena 26 anni quando gli fu affidato il destino tecnico della Scuderia. È stato il primo a provare il cambio semiautomatico con Gilles Villeneuve, ricevendo una tiepida accoglienza da parte dello stesso Villeneuve, che ha preferito la tradizionale leva del cambio in acciaio
Barnard e il suo team volevano eliminare il leveraggio del cambio nel tentativo di ottimizzare la nuova generazione di telai, verso una maggiore efficienza aerodinamica e un taglio più affusolato.
Quando il sistema fu collaudato con successo alla fine del 1987, si decise di puntare tutto sulla nuova trasmissione; una vera e propria svolta per Ferrari. Vennero realizzati due prototipi utilizzando la vettura 639 del 1988 ma non gareggiarono mai, accelerando la nascita di una versione rielaborata della F1-87. Il prezzo del progresso, forse. Barnard insistette e dovette farsi valere, soprattutto nei mesi successivi alla scomparsa di Enzo Ferrari nell’agosto 1988, quando la nuova gestione mise in dubbio la direzione tecnica del team. La mancanza di affidabilità del cambio fu alla fine attribuita a una batteria sottodimensionata e la Magneti Marelli, partner di Ferrari, riuscì a porvi rimedio.
All'interno dell'abitacolo della 355 F1. L'auto da strada è arrivata nel 1997 ed è stata la prima Ferrari a sfoggiare il cambio al volante con le palette
Naturalmente, quella vittoria in Brasile fu lusinghiera ma ingannevole. Mansell e il suo compagno di squadra, l’instancabile Gerhard Berger, ebbero la loro dose di sfortuna e inaffidabilità nel corso della stagione. La situazione migliorò nel 1990: aumentò l’affidabilità consentendo ai piloti di saltare le marce durante le scalate all’entrata in curva. A metà del decennio, ogni monoposto sulla griglia di partenza era dotata di un cambio sequenziale semi-automatico.
Fatto altrettanto importante, Ferrari trasferì con successo la tecnologia su una vettura stradale, la F355 F1 che debuttò nel 1997. È probabilmente l’esempio più importante del transfer di un’innovazione del motorsport alle auto di serie, inizialmente nel contesto ad alte prestazioni di una Ferrari, ma in seguito a tutti i livelli.