Il fortunato giornalista volò in Italia per ritirare a Maranello le chiavi di una F512 M rossa fiammante prima di mettersi in viaggio, con uno pneumatico di scorta sul sedile del passeggero, alla volta di Malaga. Lì ad attenderlo c’era un’auto di assistenza con un team di due persone, tra cui un fotografo. E fu così che ebbe inizio l’avventura.
La F512 M si fece subito notare per il comfort straordinario. Si dimostrava perfetta per le lunghe distanze, ed era un bene, dato che la aspettava un percorso lunghissimo e pieno di sfide. Il team si spostò da Tangeri a Casablanca, in parte su una strada a scorrimento veloce inaugurata da poco, per poi addentrarsi in direzione di Marrakech su una strada in costruzione. “Il nostro itinerario ha messo ben presto alla prova le doti della Ferrari in fuoristrada, con risultati piuttosto convincenti”, riportò la rivista. “Non sbanda e non si blocca. Ecco vederla procedere in un piccolo villaggio, lasciandosi alle spalle una scia di polvere e gli sguardi ammaliati dei passanti”.
Giunta nel centro storico fortificato di Marrakech, l’auto attirò intorno a sé uno stuolo di ammiratori, nella piazza principale di Jamaa el Fna. Il fotografo riuscì persino a immortalare un cobra sul tetto dell’auto: una scena probabilmente inedita per una Ferrari. Fu dunque il momento di salire verso l’Alto Atlante, dapprima lungo avvincenti tornanti che permettevano al conducente di apprezzare appieno, a finestrini abbassati, il sound ad alti regimi del 12 cilindri piatto che riecheggiava tra le pareti rocciose. Poi venne la parte più difficile. Ai confini con il deserto del Sahara, il team raggiunse Erfoud e quindi le celebri dune di sabbia di Erg Chebbi.
La Ferrari percorse strade sconnesse, tratti sterrati e sabbia. Il momento clou, prima del rientro a Maranello passando per Fez e Tangeri, la vide avanzare a 10 km/h: una velocità davvero inconsueta per una Ferrari. In quel punto era stato spazzato via un ponte, per cui alla F512 M non restò che attraversare il letto del fiume asciutto e roccioso sotto lo sguardo meravigliato di chi la seguiva a bordo di una Mercedes Classe G 4x4.
Una volta rientrata integra a Maranello e rimessa a lucido, la F512 M non mostrava più alcun segno dell’avventura vissuta, salvo qualche piccola scheggiatura da pietrisco. Lo speciale testimoniava: “È stata impeccabile nonostante sia stata immersa nella polvere, strapazzata ad alte velocità e ripetutamente portata su strade accidentate”.
Nei 7500 km che dal Nord Italia la condussero fin nel più profondo Marocco per poi fare ritorno, la F512 M non diede alcun segno di cedimento. Pur trasportando un paio di pneumatici di scorta, date le probabilità piuttosto scarse di trovare un Pirelli 295/35ZR18 P Zero in Marocco, non riportò forature. L’auto era dotata anche di una piccola cassetta di ricambi poiché, dopo tutto, all’epoca non c’erano concessionari Ferrari in Marocco (ora ce n’è uno a Casablanca). Ma non furono necessari.