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29 giu 2021Magazine, Cars

Sicilia – Oltre la Targa

60 anni di capolavori a motore centrale

Sicilia – Oltre la Targa

Dopo aver visitato la Sicilia a bordo di una F8 Spider per rendere omaggio alla prima grande vittoria di una Ferrari a motore centrale, abbiamo esplorato l’isola per vedere quali altre fantastiche strade potesse offrire...

Di Ben Pulman

Foto – Giuliano Koren e Richard Pardon<br>Video – Max Morelli

La Sicilia è indissolubilmente legata alla Targa Florio.

Diventata uno degli eventi motoristici più antichi e famosi al mondo, questa competizione automobilistica su strada nacque nel 1906, ben prima quindi della 24 Ore di Le Mans, della Carrera Panamericana e della Mille Miglia.

Creata da Vincenzo Florio, il suo percorso è cambiato nel corso degli anni ma notoriamente nelle configurazioni “Grande”, “Medio” e “Piccolo” – rispettivamente di 148 km, 108 km e appena 72 km. Tutte e tre le versioni attraversavano i monti delle Madonie, lungo strette strade caratterizzate da centinaia di curve che richiedono migliaia di cambi di marcia e che restituiscono poco in termini di barriere di sicurezza, controllo della folla o postazioni dei commissari.

L’unico momento di respiro – se così si può chiamare – era quando i concorrenti tornavano al livello del mare per sfrecciare lungo i 6 km in rettilineo verso Buonfornello. Ad attenderli qui c’era la pit lane, e l’inizio di un altro giro tortuoso...




Ma in Sicilia c’è di più, molto di più. È un’isola di contrasti e la sua capitale Palermo è caotica, quasi spietata quando si è in macchina. Eppure, appena ci si allontana, questo pezzo di terra nel centro del Mar Mediterraneo, tra Europa e Africa, offre molto all’appassionato di guida: le strade costiere baciate dal sole circumnavigano il centro prima collinare e poi montuoso, e nell’arco di un paio d’ore ci si può spostare dal bordo dell’acqua attraverso foreste lussureggianti per finire su un gigantesco vulcano arido.

Fortunatamente, la F8 Spider che risplende in Giallo Modena è un compagno perfetto per esplorare...




L’Etna domina l’estremità orientale della Sicilia, e se si sta affrontando il breve salto attraverso lo Stretto di Messina dalla terraferma italiana, si staglia possente all’orizzonte. Le sue eruzioni sono documentate da oltre 3.500 anni (alcune delle più antiche mai registrate dall’uomo) ed è tuttora attivo – c’è stata attività vulcanica proprio nel 2021.

Situato all’interno di un sito Patrimonio UNESCO, una composizione basaltica copre gran parte delle sue pendenze. I fianchi del vulcano sono punteggiati anche da macchie di fogliame verde: alcuni sono alberi maturi che hanno schivato e sono sopravvissuti alla devastazione di una colata lavica, mentre in altre località piccoli germogli sono i primi segni di vita che ricomincia a fiorire.




C’è una strada anche quassù sull’Etna, un serpente d’asfalto stranamente luminoso in contrasto con il nero scuro del paesaggio, che si snoda ondeggiante fino alla vetta più alta d’Italia a sud delle Alpi. Non proprio in cima ovviamente (in inverno si può vedere dove la lava ha tagliato un sentiero nella neve vicino alla vetta di 3326 m), ma la SP92 entra nel sito UNESCO da sud o da est e conduce abbastanza in alto da soddisfare la curiosità. Per i più avventurosi, le guide locali offrono spedizioni per salire ancora più in alto.

Per i nostri scopi, abbiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno: asfalto liscio, tornanti ampi, un motore turbo che non risente del cambio di quota e tetto che si apre per scoprire un’atmosfera diversa. Se durante il viaggio verso la cima abbiamo diffuso il suono evocativo del nostro motore da 720 cv, quando ci fermiamo per ammirare la vista sulla seconda città dell’isola, Catania, la mancanza di vita in un ambiente così inospitale ci travolge con il suo silenzio. L’aura quassù è diversa, ultraterrena, e anche l’odore è particolarmente inorganico.

La gente del posto non ci fa caso. Molto più in basso, la vita in Sicilia continua senza sosta. È ora di raggiungerla...




Con oltre 1000 km di costa, in Sicilia non si è mai lontani dal mare. E a circondare l’isola di mari ce ne sono tre: il Mediterraneo, il Tirreno a nord tra la Sardegna e l’Italia continentale, e il Mar Ionio, oltre il quale c’è la Grecia.

Intorno a gran parte dell’isola, le strade litorali accompagnano lungo le scintillanti acque blu, ma pur con le migliori intenzioni del mondo sarà difficile percorrere l’intera circonferenza. L’opzione migliore è abbinare l’esperienza di guida con una destinazione alla fine del viaggio, come ad esempio l’antico teatro greco-romano che si affaccia su Taormina, vicino all’Etna, la famosa lingua di sabbia della costa nord vicino a Tindari, o le spettacolari scogliere bianche sul lato meridionale dell’isola alla Scala dei Turchi.




Uno dei percorsi migliori inizia nella parte nord-ovest dell’isola, vicino alla riserva naturale dello Zingaro. Questa può essere visitata da nord a San Vito Lo Capo, o da sud a Scopello, imboccando poi la litoranea per Trapani da questa penisola. Neanche una svolta sbagliata nell’entroterra sarà la fine del mondo: la vista sulla città costiera mentre ci si avvicina dalla storica Erice è incantevole. In entrambi i casi, la vista abbraccia il tranquillo mare blu.

Per gli estimatori delle spiagge, le riserve naturali di Foce del Belice, vicino a Porto Palo, o Vendicari (non lontano dalla città barocca di Ragusa sulla collina) ne offrono di splendide. Qualunque sia la scelta, con il mare sempre invitante da un lato, queste strade richiedono un ritmo diverso. Il tetto rigido ripiegabile deve essere riposto, lasciando che il calore del sole contrasti con la brezza che arriva dall’acqua. Qui è d’obbligo fermarsi spesso e, soprattutto, godersi panorami che spaziano fino all’orizzonte.




In completo contrasto con quello che ci si potrebbe aspettare dalla Sicilia, le fitte foreste del Parco Nazionale dei Nebrodi – il più grande parco nazionale dell’isola, che si estende dall’angolo nord-ovest dell’Etna verso le Madonie dove si correva la Targa Florio – offrono una fresca tregua dal caldo.

Vaste distese di foreste ricoprono montagne e valli, e antichi villaggi e monasteri costellano la zona. Le passeggiate e la mountain bike sono passatempi popolari per i turisti che giungono in questa zona più tranquilla della Sicilia, ed è probabile che avvistino specie autoctone come il cavallo Sanfratellano e il suino Nero dei Nebrodi (che ritroviamo nelle prelibatezze locali che usano la loro carne per salami e prosciutti).

I cavalli escono dalla foresta quando ci fermiamo, e la luce screziata irrompe attraverso il tettuccio e gioca con la vernice gialla della F8 Spider. Il Parco Nazionale dei Nebrodi può essere affrontato scegliendo tra due percorsi, la SS289 o la SP168, ed entrambi offrono strade deserte che ci permettono di approfondire le prestazioni della F8 Spider.

Eppure, mentre l’Etna, o le strade costiere, offrono la vista costante della vicina civiltà, qui gli alberi sembrano affollarsi su di noi. Raramente si scorge un panorama, raramente la possibilità di comprendere dove ci si trova. Questo però invita alla concentrazione: l’unica cosa su cui focalizzarsi ora è il nastro nero come l’inchiostro che scorre tortuoso tra il fogliame verde.




La foresta sembra così fuori posto in Sicilia, ma è la tregua perfetta dal resto dell’isola. Il caldo è tenuto a bada, e il resto dell’umanità ci sembra distante. Siamo quasi soli qui fuori, il nostro unico compagno è giallo e desideroso di esibirsi.

Ed è ciò che fa: l’intensità del motore, quando viene scatenato, è sempre sconvolgente, la forza è implacabile. Il cambio marcia è istantaneo. Il suono completamente avvolgente riempie l’abitacolo aperto. L’immediatezza dello sterzo fa sì che basti un minimo movimento dei polsi, mentre il piede destro gioca sui pedali, richiamando quella potenza o interrompendo il progresso con gli straordinari freni carboceramici.

È elettrizzante e ammaliante – e su un’isola fatta di contrasti, è l’unica costante.




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