Un tracciato noto come il “Tempio della velocità” il cui mito è stato costruito nell’arco di 101 anni di storia grazie a una lunga tradizione di corse endurance, a partire dalla 1000 Chilometri che tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento in cinque occasioni (1965-67, 1972-73) vide una Ferrari sul gradino più alto del podio. L’Autodromo Nazionale di Monza attende le 499P per il quinto atto del FIA WEC 2023 nel fine settimana del 9 luglio, quando il pubblico potrà tornare ad ammirare le vetture del Cavallino Rampante nella top class delle corse di durata a mezzo secolo di distanza dall’ultima apparizione dei prototipi di Maranello sui 5,793 chilometri della pista brianzola.
Costruito in 110 giorni all’interno del Parco della Villa Reale di Monza, l’Autodromo Nazionale venne inaugurato nel 1922, diventando negli anni il circuito più famoso d’Italia. Sin dagli albori l’impianto lombardo, che sorge a pochi chilometri da Milano, ha ospitato diversi eventi endurance. L’epoca aurea risale al Secondo dopoguerra quando nacque la 1000 Chilometri, una prova che richiamava i costruttori e i piloti più forti. L’audacia dei conducenti e l’affidabilità delle vetture, da testare in una lunga gara connotata da altissime velocità, erano i principali motivi d’attrazione.
Ferrari ottenne cinque vittorie alla 1000 Chilometri di Monza inclusa quella alla prima edizione, nel 1965, quando alla bandiera a scacchi la 275 P2 guidata da Mike Parkes e Jean Guichet festeggiava il piazzamento conquistato dopo 4 ore 56’08’’ di una sfida completata alla velocità media di 202,611 km/h. Una gara entrata negli Annali anche per il giro più veloce firmato da John Surtees (2’47’’2) con la Ferrari 330 P2, a una media di 215,311 km/h.
Le due successive edizioni, come quella inaugurale, si disputarono utilizzando la pista lunga 10 chilometri che combinava il tracciato stradale e l’anello Alta Velocità. Nel 1966 John Surtees e Mike Parkes brindarono alla vittoria con la Ferrari 330 P3 in 6 ore 9’11’’6, alla media di 165,939 km/h, nella gara che vide ancora una volta autore del miglior tempo (3’26’’7) il pilota britannico classe 1934. Mentre nel 1967 salirono sul gradino più alto del podio Lorenzo Bandini e Chris Amon con la Ferrari 330 P4 al termine di una corsa durata 5 ore 7’43’’, condotta a una media di 196,934 km/h, nella quale il pilota italiano firmò il miglior tempo in 2’55’’8.
Ferrari scrisse il proprio nome nell’albo d’oro anche nel 1972-73 – sul tracciato di 5,750 km – con l’ultimo prototipo iscritto nella top class dell’endurance, la 312 PB, prima del rientro nella stagione in corso. Le vittorie arrivarono rispettivamente con Jacky Ickx e Clay Regazzoni in 5 ore 52’05’’6, alla media di 170,494 km/h, nell’edizione del 1972 conclusa con il giro veloce di Ronnie Peterson (1’46’’1). Un anno dopo Ickx e Brian Redman concessero il bis in una 1000 Chilometri durata 174 giri, completati in 4 ore 7’34’’4, alla media di 242,473 km/h.
In anni recenti l’Autodromo Nazionale è tornato sotto i riflettori con il FIA World Endurance Championship. Dopo aver ospitato il Prologo nel 2017, l’impianto italiano è sede della 6 Ore di Monza dal 2021, che si corre sulla pista stradale di 5,793 chilometri e 11 curve. Nel 2022 le 488 GTE del Cavallino Rampante conclusero seconda e terza, in LMGTE Pro, con Antonio Fuoco e Daniel Serra, e Alessandro Pier Guidi in coppia con James Calado; la coppia italo-britannica fu seconda nel 2021.