Sei vittorie e tre pole position di Schumacher, più cinque secondi posti e otto arrivi sul gradino più basso del podio
grazie anche al supporto di Eddie Irvine, per un totale di 133 punti nella Classifica Costruttori: i numeri della stagione 1998 confermavano il ritorno della Scuderia Ferrari ai vertici della Formula 1, ma non erano sufficienti per conquistare l’ambito alloro mondiale. In una stagione in cui le gomme slick lasciavano il posto a quelle scanalate, con una F300 – completamente nuova dalla scocca all’aerodinamica, dal cambio longitudinale in carbonio-titanio alle sospensioni, dall’elettronica al motore – che aveva beneficiato dall’intenso scambio di informazioni tra telaisti, aerodinamici e motoristi operativi nella stessa realtà, la squadra di Maranello arrivava all’ultimo appuntamento di Suzuka con Schumacher in lizza per il titolo contro Mika Hakkinen e la sua McLaren-Mercedes. Nonostante la pole position, il pilota tedesco era costretto a partire dal fondo: in un secondo giro di formazione il motore della sua Ferrari si era infatti spento. E a mettere fine alle speranze iridiate, nonostante la generosa rimonta di Schumaher fino al terzo posto, ci pensava il cedimento di un pneumatico. Hakkinen, vincendo la gara, diventava Campione del Mondo con 14 punti di vantaggio sul pilota tedesco.