Juan Manuel Fangio, l’infallibile manager di se stesso, un brutto carattere diremmo oggi, nonostante abbia guidato le auto migliori, conseguendo ben 5 titoli mondiali di F1, non è mai riuscito ad entrare nel cuore di Enzo Ferrari.
Fangio inizia la carriera nella sua terra di origine, l’Argentina, dove coraggio e forza fisica hanno sicuramente la meglio sui difficili tracciati. Preceduto dalla sua fama, giunge in Europa sul finire degli anni 40. Il sudamericano è un pilota velocissimo e di grande intelligenza tattica che non manca di affascinare il Commendatore.
Approda a Maranello nell’inverno del 1956, già tri-campione del mondo, circondato da uno stuolo di giovani e dotati piloti. Schivo e diffidente è di difficile inserimento nella Scuderia, dove l’attaccamento all’azienda viene prima di tutto. Ma è indiscutibilmente e sempre il migliore, solo Michael Schumacher raggiungerà il Campione, togliendogli quell’aura da inarrivabile.
La stagione inizia a gennaio, con il Gran Premio d’Argentina, in un susseguirsi di competizioni che si trasformano in successo. L’investimento di Enzo Ferrari dà ottimi frutti. Continua il trionfo del pilota e della squadra, ma la danza a due non funziona per un personaggio abituato a fare tutto da solo. I sacrifici della Scuderia sono sempre importanti, ma le polemiche non mancano, e la tensione di Fangio incomincia a farsi sentire fuori e dentro i circuiti. Sfortuna e noie meccaniche lo accompagnano fino alla doppia vittoria, quella di Silverstone e del Nurburgring. Con un asso argentino in piena forma e un buon gioco di squadra, la Scuderia si aggiudica il Titolo Mondiale Sport. E’ la fine della stagione e anche del rapporto quanto mai difficile fra il Campione e il Cavallino Rampante.
Ritiratasi la Lancia nel 1955, la Ferrari ne eredita il materiale presentando in pista la D50 modificata per il 1956 e, soprattutto, un pilota come Fangio.