Il 1958 è un anno destinato a lasciare il segno nella storia della Formula 1. Il leggendario argentino Juan Manuel Fangio ha deciso di ritirarsi nel bel mezzo della stagione e la disciplina è pronta per un nuovo campione del mondo. Giuseppe Farina si è ormai ritirato da tre anni, mentre Alberto Ascari ha perso la vita a quattro giorni dal famoso tuffo in mare con la Lancia D50 avvenuto al GP di Monaco 1955. Il 19 ottobre, dunque, chi tra Mike Mike Hawthorn e Stirling Moss vincerà il titolo sarà il primo campione di una nuova epoca, nonché il primo britannico a riuscire nell’impresa.
Hawthorn, con la Ferrari 246 dotata del motore 6 cilindri Dino, dedicato da Enzo Ferrari al figlio che per primo aveva creduto in quel tipo di propulsore, arriva in Marocco con otto punti di vantaggio su Moss, nel frattempo divenuto alfiere della Vanwall. Il paradosso è che il pilota della Scuderia Ferrari può vantare una sola vittoria, ottenuta in Francia, mentre il rivale ne ha ben tre. Ma la Ferrari è stata più affidabile della Vanwall e così Hawthorn ha più di una possibilità per gestire la situazione. Moss ha infatti bisogno di vincere la gara sperando che il rivale non arrivi a podio, oppure deve trionfare ottenendo anche il punto per il giro più veloce con Hawthorn non meglio di terzo.
In qualifica i due rivali lottano sul filo dei decimi per la pole. A spuntarla è il pilota della Ferrari che completa i 7,6 km del veloce circuito stradale di Ain-Diab, uno dei più bei quartieri di Casablanca, in 2’23”1, appena un decimo meglio di Moss. Gli altri sono staccati: il britannico Stuart Lewis-Evans con la seconda Vanwall è a oltre mezzo secondo, davanti al francese Jean Behra con la BRM, mentre dietro di loro ci sono le altre due Ferrari dello statunitense Phil Hill e del belga Olivier Gendebien.
Il re del Marocco, Mohammed V, assiste alla partenza che vede uno scatto perfetto da parte di Moss, che prende il comando, e uno ancora migliore di Hill che dalla seconda fila balza al secondo posto davanti ad Hawthorn e si mette alla caccia del leader. Il pilota della Ferrari tenta il sorpasso un paio di volte ma la potenza della Vanwall in rettilineo compensa per la sua minore maneggevolezza in curva. Al terzo giro Hill affianca Moss ma finisce lungo in frenata in una via di fuga ripartendo dietro a Hawthorn e allo svedese Joakim Bonnier con la BRM. In breve tempo lo statunitense è di nuovo in scia al compagno di team che con ampi gesti gli fa segno di passare e di rimettersi a caccia di Moss.
Al giro 21 il pilota della Vanwall fa segnare il giro più veloce. Per Hawthorn le cose paiono mettersi male perché di lì a poco viene superato anche da Tony Brooks, con la terza Vanwall. In quel momento Moss sarebbe campione. L’ansia per il pilota Ferrari dura però solo lo spazio di qualche giro, il tempo necessario per vedere la bianca fumata che dice di un cedimento sul motore della vettura di Brooks.
A quel punto dal box di Maranello arriva l’ordine a Hill: la caccia a Moss è finita, il secondo posto serve ad Hawthorn, perché gli consentirebbe di vincere il titolo, seppure di un solo punto. Occorrono nove tornate per vedere le due Ferrari scambiarsi le posizioni, ma il gioco di squadra riesce alla perfezione. Al giro 41 il motore della Vanwall di Lewis Evans cede di schianto in curva facendo uscire di pista il giovane inglese: la vettura prende fuoco, il talento di Luton riesce a trascinarsi fuori dal relitto ma morirà sei giorni dopo per le ferite riportate.
Moss passa per primo sotto la bandiera a scacchi tuttavia il titolo è di Hawthorn. L’atmosfera è tutt’altro che festosa. Si piange per l’ennesima tragedia, la quarta di quella stagione dopo quelle di Pat O’Connor a Indianapolis, di Luigi Musso in Francia e dell’amico fraterno Peter Collins in Germania. A fine gara Mike annuncia il ritiro: alcuni dicono si fosse disamorato di uno sport che gli aveva tolto così tanti colleghi, altri sospettano un peggioramento della cronica malattia ai reni che sempre più spesso gli causava mancamenti e avrebbe messo a rischio il prosieguo della sua carriera di pilota.
Enzo Ferrari lo racconta così nel suo libro Piloti che gente…: “Mike Hawthorn è stato un pilota sconcertante per le sue possibilità e per la sua discontinuità. Un giovane capace di risolvere qualunque situazione con un coraggio freddo e calcolato ma incline anche a cadere vittima di paurosi cedimenti”. Mike quel giorno a Casablanca non aveva sbagliato nulla, gareggiando con la freddezza necessaria per negare a Moss una volta ancora il titolo mondiale.