Il 1988 è un anno molto triste per la Ferrari. Il fondatore Enzo comincia a sentire il peso dei suoi 90 anni che celebra a modo suo a febbraio: nessuna cerimonia pubblica, nessuna autorità invitata, solamente un evento “in famiglia” aperto “a chi è a libro paga”, come Ferrari stesso ordina. La comunità che si mette a tavola conta circa 1700 persone: si apparecchia nelle linee di produzione mentre all’esterno opera una enorme cucina da campo. I dipendenti ricevono un modellino dell’ultima vettura personalmente deliberata da Ferrari, la F40, oltre ad una medaglia d’argento commemorativa. Il menù è tipicamente emiliano: prosciutto, salame, ciccioli, mortadella, gnocco fritto e verdurine sottaceto come antipasto, accompagnati da vino Malvasia; tortellini alla panna e lasagne di primo e zampone di Modena con fagioli e nodino di vitello con verdure al forno per secondo. Il vino è il lambrusco. Si chiude con la torta di compleanno e lo spumante per il brindisi.
Ferrari si gode l’affetto dell’azienda ma poche settimane dopo le sue condizioni di salute si aggravano. Le visite a Maranello si fanno sporadiche e a giugno, quando in azienda arriva in visita Papa Giovanni Paolo II, con il pontefice c’è solo una telefonata. Ad accompagnare Karol Wojtyla nel suo tour in fabbrica c’è il figlio Piero. Enzo segue dal letto di casa i poco esaltanti Gran Premi estivi, dominati dalla McLaren, e si spegne alle 7 del mattino del 14 agosto. Per sua volontà, la notizia della morte viene resa nota solo il giorno seguente dopo le ore 8, ad esequie avvenute. Ferrari costringe i media a lavorare come non mai a Ferragosto. L’annuncio della scomparsa, anche se Internet non è ancora diffusa, fa il giro del mondo: non si parla d’altro.
A meno di un mese di distanza la Formula 1 arriva a Monza per l’undicesimo Gran Premio della stagione. Davanti ai tifosi italiani è assente Nigel Mansell, ancora alle prese con i postumi dell’incidente avvenuto nelle qualifiche del Gran Premio del Giappone dell’anno precedente. Al suo posto pare debba correre Martin Brundle, ma Tom Walkinshaw, per il quale l’inglese gareggia nel Mondiale Sport Prototipi, non concede il nullaosta. Così, su due piedi, la scelta cade sul francese Jean-Louis Schlesser, che in Formula 1 vanta una qualificazione fallita nel 1983 e nulla più. Ancora una volta le auto da battere sono le McLaren: Ayrton Senna si conferma il mago della pole position in 1’25”974, precedendo di quasi quattro decimi il compagno Alain Prost. Le Ferrari sono in seconda fila con Gerhard Berger davanti a Michele Alboreto. L’austriaco prima del via è realista: “Vorrei azzeccare una gran partenza e completare il primo giro in testa davanti a tutti i nostri tifosi, anche perché credo sarà difficile che io mi trovi al comando all’ultimo passaggio”, afferma.
Al momento di schierarsi in griglia, poco prima delle 15, sulla vettura di Berger c’è un guaio: per fortuna il muletto è settato sulle misure dell’austriaco e così Gerhard riesce a prendere regolarmente il via. Prost parte meglio di Senna, ma il brasiliano si riprende la testa davanti al francese e alle Ferrari. Al 31° passaggio Prost comincia ad avere problemi al punto che deve alzare di sei secondi il proprio ritmo. Berger inizia a rimontare e gli si mette in scia seguito da Alboreto. Quattro tornate più tardi gli ottantamila tifosi italiani balzano in piedi: entrambe le monoposto di Maranello superano la McLaren, che poco dopo rientra ai box per ritirarsi.
Per radio viene detto a Senna di settare la vettura su una mappatura che affatichi meno il motore e così il brasiliano comincia a girare un secondo e mezzo più lentamente delle Ferrari. Tuttavia il suo vantaggio su Berger e Alboreto, a 16 giri al termine, è più che rassicurante. La gara si avvia all’epilogo: inizia il 50° e penultimo passaggio con Senna che, sul rettilineo principale, si avvicina alla March dell’amico Mauricio Gugelmin e alla Williams di Schlesser, entrambi da doppiare. Ayrton supera la prima vettura e pure la Williams sembra dare strada al leader della corsa alla prima variante. Invece Schlesser cerca di fare la curva dopo aver bloccato le ruote e centra la sospensione posteriore della McLaren mettendo Senna fuori corsa.
I tifosi in tribuna non credono ai loro occhi: le Ferrari sono al comando e stanno per iniziare l’ultimo giro. Il boato della folla è tale che i motori di Berger e Alboreto praticamente non si sentono. Le Ferrari, a meno di un mese dalla morte di Enzo, passano sul traguardo in parata, ottenendo la doppietta numero 39 della storia. Al terzo posto c’è un altro pilota amato dal pubblico di casa: l’italoamericano Eddie Cheever con la Arrows. C’è la tradizionale invasione di pista: il boato quando Berger viene chiamato dallo speaker è assordante, ma quando degli altoparlanti viene annunciato anche il nome di Alboreto il grido della folla raggiunge Milano…
È una doppietta del tutto inattesa, arrivata con una buona dose di fortuna, al punto che c’è pure chi avanza il dubbio che, nella sua discutibile manovra, Schlesser sia stato ispirato da qualche entità superiore. Magari qualcuno che da lassù voleva a tutti i costi vedere la Ferrari sul gradino più alto del podio di Monza…