“Non sarei stato orgoglioso di batterlo grazie alla sfortuna”. Con queste parole dopo la gara il pilota britannico Peter Collins commentò quello che viene da tutti ricordato come il gesto di maggiore sportività della storia della Formula 1.
Gran Premio d’Italia 1956: l’argentino Juan Manuel Fangio, passato alla Ferrari, grazie al trionfo nel precedente Gran Premio di Germania arriva a Monza al comando della classifica con 30 punti, otto più dei suoi diretti inseguitori, il compagno di squadra Peter Collins e il francese Jean Behra con la Mserati. All’argentino basta dunque conquistare i due punti del quinto posto per avere la certezza del suo quarto titolo mondiale, mentre Collins e Behra per sperare di battere il campione in carica devono vincere la gara e ottenere anche il punto che spetta all’autore del giro più veloce della corsa.
In qualifica le Ferrari dominano la prima fila con Fangio, Eugenio Castellotti e Luigi Musso. Dietro di loro si schierano Piero Taruffi con la Vanwall e le Maserati di Behra e Stirling Moss. In terza fila ci sono Collins, la Maserati di Luigi Villoresi e la quinta Ferrari dello spagnolo Alfonso De Portago. Si corre sulla versione della pista che comprende l’anello da alta velocità, per cui i piloti devono prima affrontare il circuito stradale e poi lanciarsi sull’ovale, il cui manto abrasivo e irregolare mette a rischio la meccanica delle vetture e, prima ancora, la vita delle gomme.
Prima del via Fangio propone ai due compagni di squadra di mettersi in testa a fare un’andatura che permetta di preservare le vetture assicurando a Castellotti e Musso che nel finale si farà da parte, gli bastano infatti pochi punti per il titolo, e li lascerà giocarsi la vittoria. I due italiani però non ci stanno: vogliono offrire spettacolo agli spettatori che sono attesi numerosi sulle tribune e lottare con il coltello fra i denti fin dal primo giro. Appena lo starter abbassa il tricolore italiano, si partiva così prima dell’introduzione del semaforo, Castellotti e Musso si avvantaggiano con un passo insostenibile per tutti i rivali, ma dopo una manciata di giri sono già in crisi con le gomme dovendo rientrare per sostituirle. Ripartono al 13° e al 15° posto rispettivamente.
Davanti Moss, Fangio, Collins, Behra ed Harry Schell con la Vanwall guidano il gruppo sul quale Castellotti e Musso rimontano come furie. Musso in particolare, dopo una decina di giri comincia già a vedere davanti a sé il gruppo dei primi. Castellotti invece è vittima dello scoppio di una delle gomme nel tratto finale della curva parabolica che lancia sul traguardo: la sua vettura sbatte contro le barriere a sinistra, attraversa tutta la pista e finisce contro il guard rail dalla parte opposta del tracciato come impazzita. Castellotti è intontito ma illeso.
Quando ormai metà gara si avvicina Moss forza il passo e Collins supera Fangio cui la terza posizione va più che bene, solo che pochi giri dopo un braccetto dello sterzo della Ferrari cede e costringe l’argentino a rientrare al box. Con un ritiro la conquista del titolo sarebbe a rischio e così alla prima sosta di Musso dal muretto chiedono all’italiano di far salire l’argentino, ma Luigi rifiuta e riparte senza obbedire all’ordine.
Nel gioco delle scie, particolarmente efficaci a Monza, al comando è passato Collins davanti a Moss e Musso, proprio lo scenario che Fangio non si augura. Al trentaduesimo passaggio il britannico si ferma ai box per un pitstop di routine e nota Fangio sul muretto. Senza che nessuno gli abbia chiesto niente l’inglese scende dalla macchina e la offre al caposquadra, rinunciando così alla possibilità di vincere il titolo. “La mia ansia e la tristezza che mi stava sopraffacendo lasciarono il posto alla gioia, lo abbracciai e lo baciai, quindi salì sula sua vettura”.
Con Behra ritirato e Collins che avrebbe preso gli stessi punti di Fangio, l’argentino ha la matematica certezza del titolo ed è libero di spingere. Musso rimane vittima della rottura di un braccetto dello sterzo e si deve ritirare, così la vittoria va a Moss davanti a Fangio e al regolarista Ron Flockhart con la Connaught. Dopo la gara Fangio abbraccia nuovamente Collins e si gode il quarto titolo iridato, mentre l’inglese è certo che il suo momento arriverà. Si sbaglia, l’inglese perderà la vita nel Gran Premio di Germania del 1958, dopo aver vinto tre Gran Premi.