Questo è il racconto di un Gran Premio a cui la Scuderia Ferrari non ha preso parte. Sarebbe dovuta essere la gara numero 337 del team in Formula 1, e invece la squadra si ritirò in segno di lutto in seguito alla morte di Gilles Villeneuve.
La Formula 1 va a Zolder per disputare il Gran Premio del Belgio in un clima di generale nervosismo. Le squadre iscritte alla FOCA, presieduta dal patron della Brabham, Bernie Ecclestone, avevano boicottato il Gran Premio di San Marino per protestare contro la squalifica della Brabham di Nelson Piquet e della Williams di Keke Rosberg, giunti ai primi due posti nel Gran Premio del Brasile. Le due vetture erano state escluse dalla classifica in seguito ad una formale protesta presentata da Renault e Ferrari dopo che era stato dimostrato che in gara le due vetture inglesi avevano girato con peso inferiore ai 580 kg regolamentari.
La gara di Imola, con appena sette team iscritti, aveva visto anche implodere la relazione tra i due piloti della Scuderia. Gilles era rimasto choccato dal comportamento del compagno Didier Pironi che, contravvenendo agli ordini, nel corso dell’ultimo giro aveva superato il canadese andandosi a prendere la vittoria. Villeneuve era poi stato molto amareggiato dal comportamento di Enzo Ferrari dopo quell’episodio: non vi era infatti stato particolare biasimo contro il francese. A Gilles era stato detto che ciò che contava era che avesse vinto la Ferrari e che non era il caso di prendersela troppo. Gilles però era un pilota tanto generoso quanto onesto e non riusciva ad accettare che Didier, che lui aveva cresciuto nel team come un amico, lo avesse tradito così.
In guerra con Pironi e in parte anche con la squadra Gilles arriva a Zolder dove al venerdì a stabilire i tempi migliori sono le Renault. Villeneuve è quinto alle spalle del giovane Michele Alboreto, l’italiano della Tyrrell fresco del podio ottenuto a Imola, mentre al terzo posto c’è Piquet con la Brabham. Pironi, costretto ad usare il muletto dopo essere rimasto lungo la pista con la sua 126 C2, è solo 14°.
Al sabato sono di nuovo le due Renault, con Alain Prost e René Arnoux, a monopolizzare la prima fila, mentre Pironi, tornato sulla sua vettura titolare, a pochi minuti dalla fine delle qualifiche stabilisce il sesto tempo in 1’16”501. Il francese batte di 115 millesimi Villeneuve che decide dunque di tornare in pista. Il direttore tecnico Mauro Forghieri cerca di farlo ragionare: ha già usato entrambi i treni di gomme da qualifica ed è dunque improbabile riuscire a migliorarsi. Gilles insiste e Forghieri gli concede un tentativo. Il canadese scende in pista alle 13.52. In quell’occasione al suo fianco non c’è, al contrario di quanto accadeva sempre, la moglie Joanne, impegnata a Monte Carlo con la prima comunione della figlia Melanie.
Gilles si lancia per il proprio tentativo ma trova sulla sua strada la March di Jochen Mass che in un primo momento non si accorge della Ferrari che sta sopraggiungendo. Appena la vede negli specchietti retrovisori, tuttavia, si fa da parte per lasciar passare il canadese. Villeneuve però crede che il tedesco non lo abbia visto e si appresta a superarlo. I due finiscono nella stessa zona della pista e il contatto è inevitabile. La Ferrari numero 27 si impenna e ricade sulla pista catapultando il pilota con tutto il seggiolino contro le reti di protezione. La situazione appare subito disperata: il medico della Formula 1, Syd Watkins, accorre sul luogo dell’incidente e capisce che c’è poco che si possa fare per il pilota. Gilles viene trasportato in elicottero a Lovanio ma il quadro clinico è disperato: ci sono lesioni alle vertebre cervicali e dal cervello non arrivano più impulsi, anche se il cuore e i polmoni lavorano ancora. Verso le 19, accompagnata da Jody Scheckter, amico ed ex compagno di Gilles in Scuderia, arriva a Lovanio anche Joanne che, dopo aver lungamente parlato con i medici, acconsente al distacco delle macchine. Alle 21.12 la vita di Villeneuve si conclude.
La Scuderia Ferrari si ritira dal Gran Premio in segno di lutto e lascia la pista di Zolder la sera stessa. Tutto il mondo della Formula 1 piange Gilles, ma ancor di più provano dolore i tifosi e gli appassionati. L’Italia intera considerava il canadese come uno dei suoi figli. Lo piange, dietro gli occhiali scuri, anche Enzo Ferrari che ne avrebbe poi scritto così, nel 1983, nel suo libro “Piloti, che gente…”: “Quella di Villeneuve fu un’assunzione a sorpresa, che scatenò un plebiscito di critiche, forse giustificate in quel momento. Di Gilles avevo avuto informazioni da un amico che risiede in Canada, da Chris Amon e da Walter Wolf che si era valso di lui in alcune gare della categoria Can-Am. Lo vidi poi in televisione, in corsa a Silverstone su una McLaren. La sua origine era curiosa: idolo delle motoslitte e vincitore del campionato Atlantic. Assunsi la decisione di ingaggiarlo, indotto dalla convinzione che con un’adeguata preparazione è possibile, se esistono predisposizioni e talenti naturali, “costruire” un pilota. Villeneuve, con il suo temperamento, conquistò subito le folle e ben presto diventò… Gilles! Sì, c’è chi lo ha definito “aviatore” e chi lo valutava svitato, ma con la sua generosità, il suo ardimento, con la capacità “distruttiva” che aveva nel pilotare le macchine macinando semiassi, cambi, frizioni, freni, ci insegnava cosa bisognava fare perché un pilota potesse difendersi in un momento imprevedibile, in uno stato di necessità. È stato campione di combattività e ha regalato tanta notorietà alla Ferrari. Io gli volevo bene”.
E Gilles era veramente riuscito a conquistare il cuore delle persone, con le sue vittorie sempre speciali, con i tanti incidenti e con le imprese pazze, come quella di sfidare un caccia F104 dell’Aeronautica Militare Italiana sulla pista dell’aeroporto di Istrana. Ma di lui la gente apprezzava anche la generosità, la sincerità e l’onestà. I media per tutto l’affetto che circondava Gilles aveva coniato una locuzione: “Febbre Villeneuve”.
Nell’orazione funebre Jody Scheckter ricordò Gilles così: “È stato il pilota più veloce che la storia abbia mai conosciuto. Se ne è andato facendo quello che amava. Ma in realtà non ci ha lasciato, perché tutti ricorderanno sempre quello che Gilles Villeneuve ha dato al mondo della Formula 1”. Jody non si sbagliava.