Salone di Parigi 1973. Dopo vent’anni di collaborazione esclusiva con Pininfarina, la Ferrari svela la Dino 308 GT4: una V8 che nasce invece dalla matita di Bertone. Il designer torinese riesce a creare una gradevole 2+2 con motore centrale su un corpo vettura di poco più di 4 metri e 30 cm: un risultato d’indubbio valore.
Il nome “Dino” fu mantenuto fino alla fine del 1976, in seguito il modello si fregiò del marchio Ferrari perché più apprezzato da gran parte della clientela. Restò in produzione fino alla fine del 1980. La Dino 308 GT4 fu presentata al Salone di Parigi del 1973: era un modello 2+2 che andava a completare la gamma Dino, dove erano già presenti le due posti 246 GT e GTS
Come le due vetture sorelle, la macchina non portava il badge Ferrari, continuando l’intenzione di far diventare il nome “Dino” un marchio a tutto tondo. Ai modelli 308 GT4 furono dati numeri di telaio con la numerazione in cifra pari, peculiare delle Dino.
Il periodo di produzione ebbe una durata di sette anni, fino al 1980, quando la vettura fu sostituita dal modello Mondial 8. Il veicolo era disponibile con la guida a sinistra oppure a destra, e le specifiche dei modelli cambiavano secondo i mercati di destinazione, per conformarsi alle legislazioni locali, sempre più stringenti.
La Ferrari (Dino) ritenne ovviamente che questi adeguamenti alle leggi fossero in ogni caso remunerativi su questo modello, grazie al volume di produzione relativamente elevato in confronto alle vetture a dodici cilindri in produzione in quel periodo: queste ultime, infatti, erano vendute solamente nei mercati dove le leggi erano più facili da rispettare.
Come per la Dino 246, i numeri della sigla si riferivano alla cilindrata totale del propulsore ed al numero dei cilindri, in questo caso tre litri e otto cilindri, mentre il “quattro” riguardava il numero dei posti disponibili. La nuova vettura segnò due “prime” per la Ferrari, anche se inizialmente sotto il nome Dino: fu il primo modello 2+2 a motore centrale e la prima vettura stradale di serie con motore V8.
Nel 1975 fu lanciato un modello riservato al mercato italiano: la 208 GT4, dotata di motore V8 da due litri per sfuggire alla gravosa imposizione fiscale sulle vetture aventi cilindrata superiore. Fu realizzata anche una versione per il mercato americano, facilmente identificabile dai paraurti a norme USA, invero esteticamente un po’ pesanti, e dalle luci laterali presenti sui parafanghi anteriori e posteriori.
Durante il periodo di costruzione di questo modello, ci fu solo una variazione visivamente rilevabile sui modelli realizzati per i mercati europei: riguardò la forma adottata per la griglia del radiatore e la disposizione dei fari anteriori antinebbia. Non ufficialmente, questi cambiamenti permettono di suddividere la produzione in prima e seconda serie: le vetture della prima serie hanno una griglia rettangolare più stretta e profonda, con i gruppi antinebbia posti al suo esterno, mentre le vetture della seconda serie hanno una griglia più larga con i fari antinebbia posti internamente, agli estremi della già menzionata griglia.
I veicoli destinati al mercato italiano e statunitense non erano dotati di antinebbia, e negli USA sono soliti identificare tre serie di vetture, a causa di piccoli cambiamenti ai paraurti, alle scritte identificative ed ai marchi.
Stranamente, considerata la lunga collaborazione della Ferrari con Pininfarina, non fu un disegno del carrozziere di Grugliasco a vestire il nuovo modello: le linee di questa macchina furono realizzate grazie ad uno studio di Bertone. Anche il disegno della FIAT Dino coupè proveniva dalla penna di Bertone, e secondo quanto dichiarato dal carrozziere, fu un suggerimento della FIAT che li portò a ricevere l’incarico per disegnare il nuovo modello.
Quando nel 1974 i modelli 246 GT/GTS uscirono di produzione, la Dino 308 GT4 fu l’unico modello rimasto nella gamma Dino. Fu anche l’unico modello che i concessionari statunitensi potevano offrire ai loro clienti, poiché la 365 GT4BB e la 365 GT4 2+2 non erano omologati per quel mercato. Pertanto, l’unica Ferrari che potevano vendere non aveva nemmeno il marchio Ferrari, e per aggravare la situazione gli equipaggiamenti per il controllo delle emissioni avevano reso meno brillanti i motori.
Tutto ciò non aiutava di certo le vendite, e verso la metà del 1975 indusse la Casa madre ad emanare una direttiva ai concessionari americani: avrebbero dovuto sostituire i marchi allo stock esistente, mentre le vetture di nuova produzione avrebbero portato il marchio Ferrari, mantenendo il nome Dino solo per la scritta sul cofano posteriore. A fronte di ciò, alcune automobili presenti negli USA hanno sia il marchio Ferrari sia il marchio Dino, ed in quel periodo sugli esemplari destinati a quel mercato furono modificati anche i paraurti.
Quindi, i modelli statunitensi con la griglia radiatore più profonda si possono trovare con marchi differenti ed un diverso disegno dei paraurti: ciò fece nascere la leggenda già menzionata delle tre serie di modelli presenti su quel mercato. Nel corso del periodo di produzione furono realizzati un totale di 2826 esemplari di 308 GT4, mentre le 208 GT4 raggiunsero le 840 unità.
Bertone eseguì un lavoro eccellente, tenendo in considerazione le strette specifiche ricevute, e riuscì ad ideare una 2+2 con motore centrale su un telaio di soli 2550mm: solo 210mm in più di quello utilizzato per la due posti Dino 246 GT. La 308 GT4 aveva un telaio tubolare con numero di riferimento interno F 106 AL 100, mentre lo chassis della 208 GT4 aveva numero di riferimento interno F 106 CL 100. Tutte e quattro le ruote erano dotate di freni a disco, sospensioni indipendenti con bracci oscillanti, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici e barre anti-rollio anteriori e posteriori.
Nel corpo vettura contraddistinto da una forma piuttosto angolata si potevano notare dei piacevoli dettagli di design, come le prese d’aria a forma di boomerang sui montanti posteriori che delimitavano i finestrini, o l’effetto tunnel dei pannelli interni che reggevano il lunotto posteriore, piatto e verticale. La presa d’aria laterale sinistra convogliava i flussi verso il radiatore dell’olio, mentre quella laterale destra portava l’aria all’apposito filtro dei carburatori. La linea generale era molto tesa e ben equilibrata: si può tranquillamente affermare che ha resistito molto bene agli assalti del tempo. Molto meglio di certe sue concorrenti di quel periodo. Nonostante la configurazione a motore centrale, i sedili posteriori erano utilizzabili con minori difficoltà rispetto a quelli della 365 GTC4: va comunque detto che lo spazio per le gambe era piuttosto limitato, tranne quando i sedili anteriori erano portati molto in avanti.
Erano quindi sedili gradevoli per i passeggeri, ma potevano anche fornire molto spazio in più per i bagagli. Di solito, uno spazio per i bagagli adeguato e ben utilizzabile è sempre stato un problema difficilmente risolvibile per le vetture a motore centrale. La 308 GT4 era dotata di un vano bagagli separato di forma regolare posto dietro il propulsore, come sulla Dino 246. E come su quest’ultima vettura, anche il bagagliaio della 308 GT4 risentiva del calore dei silenziatori di scarico, posti sotto di esso, nonostante fosse dotato di pavimento isolante.
Altro spazio per i bagagli poteva essere trovato sotto il cofano anteriore, dove era possibile stivare delle borse morbide, specie se al posto della tradizionale ruota di scorta si sceglieva di adottare il ruotino.
Il motore V8 aveva una configurazione a 90 gradi, con doppi alberi a camme in testa per bancata comandati da una cinghia. La cilindrata totale era di 2926cc con alesaggio e corsa pari a 81mm X 71mm, il numero di riferimento interno era F 106 AL 000. L’alesaggio e la corsa erano uguali a quelli dei motori V12 della serie 365, prodotta in quel periodo.
Il propulsore dedicato al mercato italiano aveva una costruzione virtualmente identica, ma la sua cilindrata era pari a 1991cc. L’alesaggio era uguale mentre la corsa era più breve: 66,8mm. Il numero di riferimento interno era F 106 C 000. Il motore era montato trasversalmente, unito al blocco del cambio a cinque velocità sincronizzate, situato sotto e posteriormente al carter umido dell’unità motrice, secondo la filosofia già adottata sui modelli Dino 206 GT e 246 GT. Era presente una batteria di quattro carburatori doppio corpo Weber 40 DCNF, montata al centro della “V” formata dai cilindri. Le specifiche esatte variavano secondo i mercati e del numero dei distributori d’accensione installati.
Gli esemplari iniziali della prima serie di vetture destinate alle nazioni europee, tutti i veicoli per gli USA e quelli per il mercato australiano avevano doppi distributori d’accensione pilotati dalla parte terminare sinistra dell’albero a camme dedicato alle valvole d’aspirazione. In seguito i veicoli per l’Europa della seconda serie avevano un distributore d’accensione singolo pilotato sempre dall’albero a camme: il distributore era stato riprogettato e dall’inizio del 1978 fu installato un sistema di accensione elettronica.
La potenza dichiarata variava dai 255 cavalli delle prime vetture destinate al mercato europeo ai 205 cv delle macchine vendute negli Stati Uniti e dotate di convertitore catalitico. La versione da due litri riservata al mercato italiano aveva una potenza dichiarata di 180 cv.