Presentata alla stampa nel 1996 sul circuito del Nürburgring, la 550 Maranello fu la risposta Ferrari ai molti appassionati convinti che le prestazioni di una vettura sportiva con motore anteriore, fossero inferiori a quelle delle vetture con propulsore centrale. La nuova vettura si dimostrò immediatamente più veloce e, grazie alla configurazione “motore anteriore – trazione posteriore”, sicuramente più pratica della F512M che l’aveva preceduta.
La 550 Maranello beneficiò inoltre d’accuratissimi studi aerodinamici che produssero un Cx di solo 0.33 ed un carico aerodinamico costante su entrambi gli assi. La combinazione fra performance senza compromessi ed efficienza aerodinamica, permise alla vettura di stabilire il nuovo record di velocità per automobili di normale produzione: il 12 ottobre 1998 a Marysville, nell’Ohio, la 550 Maranello coprì 100 km ad una media di 304.1 km/h e 296.168 km in un’ora.
Per oltre due decenni le Ferrari di serie con le prestazioni più estreme erano state progettate con il propulsore in posizione centrale, ma nel 1996 l’introduzione della 550 Maranello scompaginò le carte in tavola. Il nuovo modello, infatti, aveva l’unità motrice in posizione anteriore come la compagna di scuderia 456 GT: era stato sviluppato sulla base dei progressi tecnologici e delle innovazioni introdotte su quest’ultima vettura, con lo scopo di ottenere prestazioni brucianti unite a un comportamento stradale impeccabile.
La 550 Maranello fece il suo pubblico debutto nel corso di un importante manifestazione dedicata alla Ferrari che si svolse in Germania, sul circuito del Nuerburgring, nel mese di luglio 1996: naturalmente, la kermesse fu del tutto orientata al lancio della nuova automobile. Erano presenti le due prime guide che in quel periodo correvano per la Scuderia Ferrari F1, Michael Schumacher e Eddie Irvine, che misero alla frusta la nuova nata sulla pista tedesca. Inoltre furono della partita anche alcuni piloti che avevano fatto parte della squadra Ferrari, come ad esempio i due Campioni del Mondo Niki Lauda e Jody Scheckter.
La 550 Maranello fu prodotta tra il 1996 e il 2001 e tutti i telai furono numerati, all’interno dell’intervallo tra il n. 99928 e il n. 126807, con la sequenza di cifre continue tipica delle vetture stradali. Nel 1999 fu realizzata una piccola serie di trentatré esemplari, denominata 550 Maranello World Record, che fu deliberata per celebrare i record mondiali di velocità fatti segnare a Marysville, negli Stati Uniti, il 12 ottobre 1998. Qui la 550 Maranello conquistò alcuni record mondiali di velocità per vetture di serie, coprendo 100 chilometri alla velocità media di 304,1 km/h e percorrendo 296,168 chilometri in un’ora, nonostante una fermata per riempire il serbatoio del carburante.
Il numero in edicola il 27 novembre 1996 della rivista britannica “Autocar” riportò una prova su strada della vettura. L’esemplare fece segnare un tempo di 4,6 secondi per passare da zero a sessanta miglia orarie, di 10,1 secondi da zero a 100 miglia orarie e una velocità di punta pari a 199 miglia orarie, come dichiarato dal costruttore. La medesima rivista proclamò la 550 Maranello “Britain’s Best Driver’s Car 1998″, e nel 1999 affermò che la macchina era ancora la miglior GT disponibile.
Non fu una sorpresa rilevare che a grandi linee l’estetica della carrozzeria, disegnata da Pininfarina, ricordava la già citata 2+2 456 GT. Tuttavia, erano presenti anche stilemi tipici di modelli classici del Cavallino, come i doppi sfoghi per l’aria sui parafanghi anteriori che si rifacevano ai capolavori degli anni sessanta 250 GTO e 275 GTB, mentre rispetto alla 456 GT la configurazione dei gruppi ottici posteriori era ancora più simile a quella utilizzata sulla favolosa 365 GTB/4 “Daytona”. In ogni caso, il nuovo modello aveva una sua identità positiva, con un’ampia e poco profonda presa d’aria per il radiatore sita sul musetto che unita allo spoiler anteriore le dava un aspetto da squalo affamato all’attacco: era proprio questa la sensazione provata da coloro che la vedevano avvicinarsi nei loro specchietti retrovisori.
Gli elementi del suo stile le donavano una parvenza di eleganza aggressiva, anche se, inizialmente, qualche appassionato si mostrò tiepido negli apprezzamenti, forse aspettandosi qualcosa di più radicale dal punto di vista estetico. Tuttavia, le doti dinamiche della vettura in poco tempo spazzarono via tutti i dubbi.
Dopo tutto, si era alla presenza di una due posti pratica e confortevole con un grande spazio per i bagagli che aveva delle prestazioni vicine a quelle dell’essenziale F40, il “prototipo da corsa stradale” nato meno di dieci anni prima. I progressi tecnologici compiuti in quei pochi anni, in particolare nel reparto sospensioni e nei sistemi di controllo della trazione computerizzati, avevano permesso alle automobili con motore anteriore di raggiungere le doti di maneggevolezza tipiche delle vetture con propulsore centrale.
Una caratteristica mutuata dalla precedente F512M fu l’utilizzo di gruppi ottici anteriori coperti, di tipo omofocale ad alta intensità: ciò rese inutile installare i proiettori retrattili, come sulla 456GT, e donò alla nuova nata una linea omogenea che rimaneva tale indipendentemente dall’utilizzo o meno delle luci.
I corpi vettura erano montati su un telaio con un passo di 2500 mm, di 100 mm più corto rispetto a quello del modello 456 GT 2+2. La carreggiata anteriore era di 1632 mm, quella posteriore di 1586 mm. Il telaio era costruito facendo ricorso ai tradizionali tubolari d’acciaio e incorporava le sotto strutture che supportavano le parti meccaniche e della carrozzeria. Il suo numero di riferimento interno era F 133 AB. Il modello era disponibile con la guida a sinistra o a destra, e lo sterzo con servo assistenza faceva parte delle dotazioni di serie. Il corpo vettura era realizzato in lega leggera d’alluminio, saldata al telaio in acciaio con un materiale sandwich appositamente formulato, noto come Feran, che permetteva la saldatura dei due metalli diversi. Il musetto e la coda erano realizzati di materiale composito pre formato.
Le sospensioni erano tutte a ruote indipendenti con barre anti rollio anteriori e posteriori, gli ammortizzatori vantavano il controllo elettronico e si potevano scegliere due modi d’intervento, “normale” o “sport”; il tutto era integrato nel sistema di controllo ASR.
Quando si sceglieva il modo “normale”, il cervello elettronico della vettura poneva l’enfasi sulla stabilità in rapporto alle condizioni stradali, riducendo la potenza alle ruote motrici mediante il sistema di gestione del propulsore o facendo entrare in azione il dispositivo frenante ABS, il tutto per massimizzare la trazione.
Quando, invece, si sceglieva il modo “sport”, il computer della macchina lasciava al conduttore, o alla conduttrice, la possibilità di controllare la situazione unicamente con le proprie azioni.
La dotazione di serie prevedeva l’interno rivestito in pelle con sedili regolabili elettricamente e, dietro di essi, un’ampia piattaforma per i bagagli. L’equipaggiamento offriva anche due airbag, l’aria condizionata, un impianto stereofonico con lettore CD, oltre ai cristalli e ai retrovisori laterali regolabili con comandi elettrici. A richiesta erano disponibili dei sedili sportivi e una vasta gamma di accessori previsti dal programma di personalizzazione “Carrozzeria Scaglietti”, introdotto nel 1997, che dava ai clienti la possibilità di rendere la vettura più vicina alle varie esigenze individuali.
Gli ammortizzatori regolabili erano dotati di controllo elettronico che monitorava in tempo reale varie condizioni, come l’angolo di sterzo, la velocità, la frenata e l’accelerazione, il tutto per ottimizzare la taratura in base alle varie situazioni di guida. Lo sterzo era servo assistito di tipo Servotronic con intervento variabile in funzione della velocità: molto presente ad andature di parcheggio, l’assistenza si riduceva al crescere della velocità. I cerchi ruota in lega leggera di serie erano una rivisitazione del tradizionale disegno Ferrari che richiamava la forma di una stella a cinque punte, con eleganti razze convesse e fissaggio mediante cinque bulloni. Il diametro era di 18″, la larghezza del canale 8,5″ sull’asse anteriore e 10,5″ su quello posteriore.
L’impianto frenante era composto da quattro dischi ventilati con pinza in lega leggera a quattro pistoncini, dotato di ABS a quattro canali e integrato con il sistema di guida ASR già menzionato.
Il propulsore derivava dall’unità motrice progettata per la 456 GT e ne manteneva la cilindrata. In questo caso, il nome del modello s’ispirava alla cilindrata totale di 5,5 litri (da cui “550″) e non, come sulla 456 GT, al dato della cilindrata unitaria del singolo cilindro. Il numero di riferimento interno era 133 A. Il motore V12 a 65°aveva una cilindrata totale di 5.474 cc, alesaggio e corsa di 88 mm x 75 mm, quattro valvole per cilindro, doppi alberi a camme in testa per bancata di cilindri e lubrificazione a carter secco. Il blocco motore, le teste cilindro, la coppa e varie altre fusioni erano realizzate in lega leggera, le camicie dei cilindri erano trattate al Nicasil e le bielle erano in lega di titanio. Era presente un sistema integrato di accensione e iniezione Bosch Motronic 5.2 mentre l’impianto di scarico, realizzato in acciaio inossidabile, era a contropressione variabile. La potenza dichiarata raggiungeva i 485 cavalli a 7.000 giri/min, il cambio di tipo transaxle aveva sei rapporti più retromarcia.