Il “tema” della coupé 2+2 trova in questa vettura un’interpretazione d’altissimo livello. Il V12 a 65° disposto anteriormente racchiude in sé come mai prima d’ora flessibilità e grande potenza.
La carrozzeria in alluminio, disegnata da Pininfarina, unisce l’efficienza aerodinamica all’eleganza delle forme e trasmette in modo inequivocabile la forte identità Ferrari del modello. Lo studio accurato dell’ergonomia interna offre ai passeggeri un livello di comfort molto elevato, al vertice della categoria.
Dopo un periodo di tre anni in cui la gamma di vetture offerta era priva di un modello 2+2 con propulsore V12, la 456 GT fu annunciata nel settembre 1992 in occasione del quarantesimo anniversario di un importante concessionario belga e fece il suo pubblico debutto a Parigi nel mese successivo. All’interno delle celebrazioni per l’anniversario del Garage Francorchamps, il nuovo modello fu lanciato alla cena di gala che si svolse al Palais de Cinquantennaire, sito nel centro di Bruxelles.
Da parte dell’azienda fu una mossa positiva e coraggiosa poiché il mercato delle vetture classiche, di lusso e sportive di prestigio era in profonda recessione, dopo la grande speculazione e gli eccessi della fine degli anni ottanta.
Nonostante la particolare situazione, la Ferrari dimostrò tutto il suo impegno per ampliare la gamma e mantenere la sua posizione di testa nella lista delle automobili più desiderabili.
Le linee morbide e arrotondate scaturite dalla matita di Pininfarina ricevettero apprezzamenti unanimi, in particolare fu molto gradita la rilettura in chiave moderna della favolosa 365 GTB/4 “Daytona” con il lungo cofano dotato di proiettori retrattili che si slanciava verso l’abitacolo, collocato in posizione arretrata.
Anche il disegno della coda e della cabina di guida fu ispirato alla “Daytona”. La forma della vettura era del tutto moderna ma conteneva elementi classici che si riallacciavano alla storia dell’azienda. Un particolare aerodinamico quasi impercettibile era lo spoiler ad attivazione elettrica posto sotto il pannello di coda: il suo angolo d’incidenza variava in base alla velocità, e agiva sulla deportanza della vettura.
Come per tutti gli altri modelli presenti nella gamma, la vettura fu progettata fin dall’inizio in veste di automobile adatta a tutti i mercati mondiali e, forse ancora più importante, fu prodotta anche una versione dedicata al mercato americano. Tuttavia, mentre i precedenti modelli GT 2+2 potevano essere forniti con il cambio automatico, inizialmente la 456 GT fu offerta solo con il cambio manuale. Qui era presente un’altra analogia con la Daytona, poiché il cambio di velocità era montato in un sol blocco con il differenziale e la trasmissione finale: il tutto formava il ben noto sistema transaxle.
I corpi vettura erano montati su dei telai aventi un passo di 2600 mm, di 100 mm più corto rispetto ai modelli 412, anche loro 2+2. La carreggiata anteriore era di 1585 mm, quella posteriore di 1606 mm.
Gli chassis erano realizzati secondo la tecnica tradizionale dei tubolari d’acciaio, incorporanti le sottostrutture che supportavano la meccanica e la carrozzeria. Il numero di riferimento interno era F 116 CL. I telai furono tutti numerati con la sequenza di cifre continua delle vetture stradali, all’interno dell’intervallo tra il 96157 e il 111376. Il periodo di produzione iniziò nel 1992 ed ebbe termine nel 1998: furono realizzati 1548 esemplari. Il modello era disponibile con la guida a destra o a sinistra e il servosterzo faceva parte della dotazione di serie.
La maggior parte dei pannelli della carrozzeria era costruita di alluminio: le varie parti erano saldate al telaio d’acciaio mediante il Feran, un materiale “sandwichC” speciale trattato chimicamente per consentire la saldatura tra metalli diversi. Le parti anteriore e posteriore, invece, erano realizzate con materiali compositi.
Le ruote in lega leggera fornite di serie erano un’interpretazione stilizzata del tradizionale disegno a stella con cinque punte: munite di eleganti razze convesse, erano fissate ai mozzi con cinque bulloni. Le sospensioni controllate elettronicamente erano indipendenti sulle quattro ruote con barra anti rollio anteriore e posteriore, erano dotate di ammortizzatori variabili e di un sistema autolivellante sul treno posteriore.
Gli ammortizzatori regolabili erano gestiti da un cervello elettronico che teneva sotto controllo vari dati, come l’angolo di sterzo, la velocità e l’accelerazione, e ottimizzava le tarature in funzione delle condizioni di guida. Lo sterzo era servoassistito e il grado d’intervento dell’assistenza variava con la velocità: molto elevato a velocità di parcheggio, diminuiva con l’aumentare dell’andatura. L’impianto frenante comprendeva quattro dischi ventilati ed era equipaggiato con un sistema anti bloccaggio ATE Mark IV Antiskid, per minimizzare le perdite d’aderenza in condizioni estreme.
Il propulsore era completamente nuovo: fu la prima unità a 12 cilindri che vide la luce dopo il famoso 12 “Boxer”, nato una ventina d’anni prima. Il suo numero di riferimento interno fu inizialmente 116 B, in seguito divenne 116 C. Fu anche ripresentata l’antica tradizione di indicare il modello con la cilindrata unitaria del propulsore (456), espressa in centimetri cubici. I motori V12 prodotti in precedenza avevano un angolo di 60° tra le bancate dei cilindri, tranne il già citato Boxer che lo aveva a 180°, mentre nella nuova unità motrice questo angolo era di 65°. La cilindrata totale era di 5.474 cc, con alesaggio e corsa pari a 88 mm x 75 mm, erano presenti quattro valvole per cilindro, doppi alberi a camme in testa per ogni bancata e lubrificazione a carter secco.
Il blocco motore, le teste dei cilindri, la coppa dell’olio e altre fusioni erano realizzate in lega leggera, inoltre la superficie delle canne dei cilindri era trattata con il Nicasil. Inizialmente fu scelto un sistema combinato di accensione/iniezione Bosch Motronic 2.7, sostituito nel 1996 dall’unità Motronic 5.2 che alimentava il propulsore con la miscela aria/benzina attraverso delle bellissime scatole d’aspirazione in lega leggera poste sopra il motore.
La potenza dichiarata raggiungeva i 442 cavalli a 6.200 giri/minuto. Il sistema completo della trasmissione era totalmente nuovo ed era dotato, per la prima volta su una Ferrari stradale, di un cambio transaxle a sei marce tutte sincronizzate. Va rilevato che il principio del transaxle, con i suoi benefici sulla distribuzione dei pesi, non era una novità per la Ferrari, poiché era già stato adottato con successo sui modelli 275 GTB e “Daytona” oltre venticinque anni prima.