Versione spider della 330 GTC, fu presentata al Salone di Parigi nell’ottobre del 1966. Utilizzava la stessa meccanica V12 del coupé 330 GTC, basata a sua volta sul propulsore ideato per la 400 Superamerica, opportunamente aggiornato. Pininfarina, anche per questo modello, disegnò una linea molto pulita ed elegante che incontrò subito il favore degli appassionati. Il marchio Ferrari si affermava sempre più anche come riferimento per le spider di lusso ad alte prestazioni.
Dopo il lancio della 330 GTC Coupé avvenuto al Salone di Ginevra del 1966, verso il termine dello stesso anno fu resa disponibile la sua versione spider, denominata 330 GTS: nella gamma di modelli costruiti dalla Ferrari, la nuova nata occupò il posto della 275 GTS. La vettura fu disegnata da Pininfarina ed era assemblata nelle officine torinesi della carrozzeria, dopo queste operazioni i corpi vettura erano spediti completi di tutti gli equipaggiamenti alla Ferrari, che provvedeva all’installazione della parte meccanica.
Tettuccio pieghevole della 330 GTS a parte, quest’ultima era identica alla 330 GTC e con essa condivideva la rara presenza della scritta identificativa sul cofano bagagli posteriore, dove si poteva leggere “330”. Prima di questa vettura solo pochissimi esemplari avevano sul cofano la sigla che sanciva la loro identità, e quei pochi che l’avevano erano di solito delle creazioni “Speciali”. Il musetto della 330 presentava una snella griglia ovoidale del radiatore e fari anteriori inseriti all’interno di cavità poco profonde nella parte anteriore dei parafanghi. Questi ultimi avevano tre sfoghi laterali per l’aria del vano motore, circondati da una sottile finitura cromata su tre lati. Il tutto era abbinato a una sezione di coda utilizzata per la prima volta sul modello precedente, la 275 GTS. L’insieme produceva una linea armoniosa, leggera ed elegante, con quattro sottili paraurti sugli angoli della macchina.
La 330 GTS aveva una capote in tela, e quando adoperata in posizione chiusa era trattenuta da una coppia di fermi sul telaio superiore del parabrezza. Una copertura protettiva in vinile che si agganciava con dei bottoni automatici, provvedeva a coprire la capote quando era aperta e ripiegata nell’apposito spazio dietro ai sedili. La produzione della 330 GTS continuò fino al tardo 1968, quando fu modificata con un motore da 4,4 litri e qualche leggero intervento estetico: nacque così il modello 365 GTS. La 330 GTS fu prodotta sia con la guida a sinistra sia con la guida a destra e i suoi telai furono numerati con la sequenza di cifre dispari utilizzata in quel periodo. Ne furono realizzati 100 esemplari con numeri di chassis compresi nell’intervallo tra lo 08899 e l’11713.
I corpi vettura erano montati su un telaio da 2400 mm di passo che aveva numero di riferimento interno 592: tutti furono numerati con la sequenza numerica dispari tipica delle automobili stradali. Lo schema di progetto era molto simile a quello dei modelli 275 GTB coevi, e anche la disposizione della meccanica era virtualmente identica. I cerchi ruota standard avevano la misura di 7L x 14″ed erano dotati di pneumatici 205 x 14″: il loro aspetto era lineare ed elegante anche grazie ai dieci fori di raffreddamento, ed era molto simile alla linea dei cerchi utilizzati dalle Ferrari impiegate nelle competizioni Sport di quel periodo, con il gallettone che andava ad avvitarsi sul mozzo Rudge. Le ruote a raggi Borrani erano disponibili in opzione. Tutti i modelli della serie erano equipaggiati di freni a disco Girling sulle quattro ruote, il freno a mano era comandato da un cavo e agiva su delle pinze separate site sui dischi dell’asse posteriore. Come per la 275 GTS, nel corso del periodo di produzione era disponibile a richiesta un hard top ma quest’accessorio fu ordinato molto raramente.
Il motore era una versione maggiorata di quello installato nella 275 GTB e le sue specifiche erano virtualmente identiche a quelle dell’unità motrice installata sulla 330 GT 2+2: un singolo asse a camme in testa per bancata di cilindri, V12 a carter umido, numero di riferimento interno 209/66, cilindrata 3967cc, alesaggio e corsa di 77 mm x 71 mm. Il propulsore era equipaggiato con una batteria composta di tre carburatori Weber doppio corpo, che potevano essere di tipo 40 DCZ/6 o 40 DFI/2, doppia bobina e distributore d’accensione montato posteriormente. La potenza dichiarata era di 300 cavalli. Durante l’arco di produzione, l’unica variazione rilevante della meccanica fu l’introduzione del doppio radiatore dell’olio in luogo di quello singolo previsto in origine (dal telaio n. 09839). Fu anche modificato il sistema che portava la benzina ai carburatori e gli anelli di sincronizzazione del cambio furono trattati con il molibdeno (dal telaio n. 09939). La 330 GTS condivideva lo stesso schema della trasmissione e delle sospensioni posteriori con i modelli 275 GTB prodotti dall’aprile 1966 in poi: vale a dire con due punti d’attacco del motore, due punti di supporto per il transaxle e una tubazione che collegava il propulsore al transaxle accoppiandoli rigidamente. Il transaxle era di tipo 592/1369 con cinque marce mentre le sospensioni posteriori erano realizzate con molle elicoidali indipendenti, bracci oscillanti e ammortizzatori Koni. Le sospensioni anteriori indipendenti avevano bracci oscillanti di lunghezza diseguale con molle elicoidali e ammortizzatori idraulici Koni. Lo sterzo era a vite senza fine ed era sprovvisto di servo assistenza.
Un’altra “Speciale” degna di nota, anche se la trasformazione non fu eseguita dalla Ferrari, fu la “Harrah Targa”, una conversione realizzata negli Stati Uniti sulla 330 GTS telaio n. 10913. In quel periodo William Harrah di Reno, in Nevada, noto anche per la sua enorme collezione di automobili, era il rivenditore Ferrari per la regione occidentale statunitense e acquistò la vettura con telaio 10913. I lavori per convertire l’automobile in versione Targa (la prima di questa tipologia su una vettura Ferrari) furono realizzati nella sua officina, e compresero un arco ricoperto in acciaio inossidabile con pannello/tettuccio rimovibile in vinile nero, un lungo lunotto inclinato in Perspex colorato e un cofano posteriore di dimensioni più ridotte rispetto a quelle del modello standard. Contrariamente alle sue abitudini, Harrah non tenne a lungo la vettura, ma forse questa circostanza va fatta risalire ai tristi ricordi del suo breve matrimonio con la cantante country Bobbie Gentry, che si racconta amasse molto guidare quella macchina.