In vista del Gran Premio di San Paolo di quest’anno, il leggendario pilota brasiliano Emerson Fittipaldi racconta la sua epica battaglia con Clay Regazzoni, al volante della rivoluzionaria Ferrari 312 B3, per vincere il Campionato Mondiale di Formula 1 del 1974
I giornali di metà anni Settanta lo chiamavano l’“Uomo Nero di Enzo Ferrari”. Parliamo di Emerson Fittipaldi, che nella sua gloriosa carriera agonistica ha vinto due volte il campionato di Formula 1 e una volta l’IndyCar (allora noto come campionato CART), con due vittorie nella 500 Miglia di Indianapolis, una gara che Ferrari stesso aveva tentato di conquistare nel 1952 con Alberto Ascari a bordo della 375 Special. Fittipaldi vinse il suo primo titolo di Formula 1 nel 1972 con la Lotus di Colin Chapman. Nel 1973 ebbe la possibilità di aggiudicarsi il suo secondo titolo consecutivo, se non fosse stato per il rifiuto del patron britannico di dare ordini di scuderia al compagno di squadra Ronnie Peterson nella gara decisiva di Monza.
Emerson lasciò il team dall’oggi al domani e per la stagione successiva firmò con la McLaren, un team che fino a quel momento aveva vinto appena otto Gran Premi e nessuno considerava una vera minaccia. A Maranello, intanto, Ferrari si preparava a respirare di nuovo aria di vittoria, 10 lunghi anni dopo l’ultimo titolo conquistato nel 1964 con John Surtees al volante della 158 F1. La Casa di Maranello godeva di un buon pronostico, presentandosi al via con la rivoluzionaria auto da corsa 312 B3-74. Rivitalizzata dal genio ingegneristico di Mauro Forghieri e con una coppia di piloti formata dal rientrante Clay Regazzoni e dal debuttante austriaco Niki Lauda Ferrari iniziò presto a raccogliere una pole position dopo l’altra. E arrivarono anche le vittorie: prima con l’austriaco (in Spagna e in Olanda), poi con lo svizzero che, con un’incredibile vittoria sul mitico Nürburgring, si portò al comando della classifica generale di Formula 1.
Giunti alla gara finale della stagione 1974 a Watkins Glen, la McLaren di Fittipaldi era a pari merito con Regazzoni a 52 punti. Tuttavia, il brasiliano poteva contare su una posizione migliore in graduatoria, avendo vinto più gare. “Tre anni prima, Enzo mi aveva invitato per una stretta di mano”, racconta Emerson. “Andai a Maranello e Ferrari mi propose di lasciare la Lotus per lui, ma per correre nel Campionato Mondiale Sport Prototipi. Se fossi andato bene, ci sarebbe scappato anche qualche Gran Premio. Ma io ero interessato solo alla Formula 1 e dunque non se ne fece niente”.
A Watkins Glen quel weekend di ottobre iniziò in salita per Ferrari: Niki era quinto a oltre tre decimi dalla pole position di Carlos Reutemann con la Brabham, mentre Clay era nono, a oltre sei decimi. Equilibrata per tutta la stagione, per la 312 B3-74 in America non si trovò l’assetto giusto. Fittipaldi racconta: “In qualifica fui solo ottavo, proprio davanti a Clay. Ero nervosissimo. La pressione era incredibile. Ma la domenica, più si avvicinava il via e più mi sentivo lucido”. Animato sempre da uno spirito competitivo, ricorda ancora oggi la gara nei minimi dettagli. “Alla partenza Regazzoni scattò meglio”, racconta, “e già alla prima curva mi passò davanti. Già nella salita successiva, però, riuscii a prendergli la scia. L’occasione per attaccarlo arrivò alla staccata di curva 2. Fintai l’attacco a sinistra ma Regazzoni mi chiuse immediatamente. Io ero abbastanza a distanza per scartare sulla destra e l’affiancai da quella parte, trovandomi sulla linea ideale per la curva successiva. Clay mi spinse con due ruote sull’erba ma alla staccata di curva 3 dovette allargare leggermente per evitare il contatto concedendomi i centimetri necessari a chiudere la manovra. Nelle due curve successive allungai quel tanto da farmi pensare che, senza problemi tecnici, sarei stato nuovamente campione del mondo”.
Fittipaldi aveva ragione. La gara, funestata dal tragico incidente che costò la vita al giovane venticinquenne austriaco Helmuth Koinigg, vide la doppietta Brabham, con Reutemann davanti a Carlos Pace. Terzo fu l’emergente britannico James Hunt con la Hesketh; quindi Fittipaldi quarto e iridato.
“Quella domenica fu una delle più emozionanti della mia vita”, ricorda Fittipaldi parlando di come è divenuto il primo bicampione del mondo di Formula 1 del Brasile. “Ho ancora davanti agli occhi la marea umana che al mio rientro mi accolse a San Paolo”. Nel 1976 fu vicino a correre per Ferrari. Enzo lo aveva chiamato ad agosto in piena emergenza, proponendogli la 312 T2 di Lauda, gravemente ferito nel celeberrimo incidente del Nürburgring; ma Fittipaldi allora era coinvolto nel progetto della scuderia di F1 Copersucar, gestito dal fratello Wilson Junior. Anche quella volta non se ne fece nulla.
Il debutto in Ferrari avvenne quindi a fine 2014, a quarant’anni dalla prima proposta di Enzo Ferrari, sul circuito di casa di Fittipaldi, Interlagos, con una 458 Italia GTE del team AF Corse nel World Endurance Championship (WEC).
Purtroppo la gara non andò bene, a causa di qualche guaio tecnico. “Ma anche quella Ferrari era una vettura eccezionale”, prosegue. “Pur avendo provato poco, mi ritrovai in grado di spingere al massimo del mio potenziale. E da allora non faccio che ripensare a come sarebbe stato correre per Ferrari in Formula 1. Era il mio sogno fin da quando ero bambino, ma l’ho vissuto al contrario, nel ruolo dell’avversario”.