Shabir Nawab è un uomo fortunato. E ne è perfettamente consapevole. Il suo discorso è simpaticamente costellato di frequenti ricordi relativi alla sua buona stella. Quando chiacchiera, sembra un improbabile ragioniere. Cordiale, autoironico, premuroso, sempre pronto a farsi una risata quando spiega il suo entusiasmo nel guidare tutti i giorni le sue vetture.
“Ogni volta che metto in moto la mia Ferrari al mattino, mi dico: ‘Shabir, sei un uomo davvero fortunato!’”, afferma con una certa emozione. “Ringrazio Dio di avere ottenuto così tanto successo, che mi ha consentito di avere quest’auto”. La sua società di revisione contabile è di medie dimensioni e ha sede a Birmingham; ha una clientela internazionale specializzata in assistenza sanitaria. “Mi sono sempre piaciute le auto”, afferma. La sua prima Ferrari è stata una Portofino, che è subito diventata una “vettura per tutti i giorni”. Dopodiché è stata la volta di una Roma, che ha percorso quasi 30.000 km nel suo primo anno di vita, prima di essere venduta – a malincuore – per fare posto alla sua attuale 296 GTB, al volante della quale lo si vede percorrere quotidianamente le strade della seconda città dell’Inghilterra.
La guida tutti i giorni per andare in ufficio, situato a breve distanza dal campo di cricket di Edgbaston. “Ci vado al supermercato e a scuola. Non mi faccio scrupoli a usarla”, afferma entusiasta. I sedili dell’auto sono ora personalizzati con il nome di suo figlio di sei anni, Ameer, che l’ha prontamente ribattezzata “l’auto di Ameer. Adesso, non mi permetterà mai di venderla”, dice Nawab, ridendo di gusto.
La 296 GTB – “oltre 3.000 km in due mesi” – si contende adesso l’attenzione per la guida in città con una SF90 Stradale acquistata recentemente, tuttavia dice, “l’ampio spazio della 812 GTS è perfetto per quando vado in autostrada a Londra”. La “riconoscenza” è una regola fondamentale. Residente a Birmingham da 37 anni, Nawab, di origine indiana, è arrivato in Inghilterra passando per il Malawi; la sua Fondazione Hafsa sovvenziona orfanotrofi in Bangladesh, scuole in India e programmi alimentari in Madagascar. “Sa, prendo come riferimento le parole che mi disse mia madre quando raggiunsi il successo: ‘Shabir’, mi disse, ‘ricordati che non puoi portarlo con te’”.
Ma quando l’Imam locale lo invitò a portare una delle sue vetture alla preghiera del venerdì nella moschea, inizialmente manifestò un certo nervosismo. “Sa, chiesi se l’auto sarebbe stata appropriata. L’Imam mi disse di non preoccuparmi. E aveva ragione.
L’ho parcheggiata a fianco della moschea: c’erano trecento persone e sono state fantastiche. Ho lasciato che scattassero delle fotografie e abbiamo parlato dell’auto. Più tardi l’Imam mi ha ringraziato. Mi ha detto: ‘Shabir, lei è una fonte di ispirazione per questi bambini in quanto dimostra che anche loro potranno raggiungere degli obiettivi nella vita. Che possono avere successo, proprio come lei’”.
La visita alla moschea lo ha convinto che tali occasioni sono tutte da condividere. “Beh, per come la vedo io, se ti compri una Ferrari, che senso ha ammirarla solo nel proprio garage e tirarla fuori esclusivamente nei fine settimana?”
Quali sono le tre parole che le vengono in mente quando la mette in moto al mattino? Fa una pausa, inclina la testa all’indietro e guarda in alto, poi risponde: “Ringrazio Dio! Sono solo due parole, lo so, ma sono più che sufficienti! Ringrazio Dio”.