Fa il suo esordio al Salone di Francoforte del 1969 ed è la versione a cielo aperto della 365 GTB4. Accolta con grande favore dal pubblico e dalla stampa specializzata, mantiene le caratteristiche meccaniche e prestazionali del coupè con una linea che ancora oggi stupisce per la sua eleganza e suscita entusiasmo. Degna erede della 365 California, il prezzo elevato non le ha impedito di avere un buon successo commerciale, soprattutto negli Stati Uniti dove ancora oggi è considerata una “cult-car”.
A circa un anno dall’introduzione della 365 GTB4 fu realizzata la sua versione spider, denominata 365 GTS/4, che fu annunciata al Salone di Francoforte del 1969. Dalla linea di cintura in giù la vettura era visivamente identica al modello coupé: le differenze erano quindi concentrate nel profilo del vano bagagli e nella capote ripiegabile realizzata in tela.
La versione spider ebbe un grande successo, specialmente sul mercato statunitense, e da quando fu resa disponibile si assicurò il dieci percento delle vendite riguardanti il modello 365 GTB4.
In seguito un certo numero di berlinette subì l’operazione di taglio del tetto, per essere convertite nella versione spider: questa “moda” ebbe un picco verso la fine degli anni ottanta, quando il prezzo degli esemplari originali raggiunse livelli molto elevati.
Entrambe le versioni del modello furono prodotte fino al 1973, e per gli standard fissati dai modelli che le avevano precedute si può affermare che il periodo di produzione fu particolarmente lungo. In totale furono costruiti 122 esemplari di spider: i numeri di telaio iniziarono con il 14365 e terminarono con il 17073.
Al Salone di Parigi del 1969 Pininfarina presentò un esemplare unico di coupé “Speciale”, costruito sul telaio n. 12925, che vantava un arco di acciaio inossidabile simile a un roll bar posteriore e un lunotto rimuovibile fissato con una chiusura lampo. Il tetto della vettura era però realizzato con un pannello fisso. Altre differenze erano presenti nella sezione di coda, più lunga, e nei quattro paraurti angolari avvolgenti che si trovavano ai lati del corpo vettura. Ci fu poi una manciata di altre carrozzerie speciali realizzate su veicoli esistenti da Michelotti, su istruzioni di Luigi Chinetti, responsabile massimo della scuderia NART, e/o di suo figlio Luigi Chinetti Junior.
I corpi vettura furono costruiti su un telaio con un passo di 2400 mm, avente numero di riferimento interno 605, e ricevettero tutti la sequenza di numerazione in cifre dispari, tipica delle automobili stradali. La realizzazione seguiva le medesime linee guida in voga in quel periodo, con grandi tubolari principali a sezione ovale, bracci incrociati e sotto strutture che sostenevano la carrozzeria e gli accessori. Il modello era disponibile sia con la guida a destra sia con il volante a sinistra.
I cerchi ruota forniti di serie erano in lega leggera e ricordavano la forma di una stella a cinque punte, erano dotati di gallettone centrale che li fissava al mozzo di tipo Rudge. Tuttavia, sul mercato statunitense e in qualche altra nazione il gallettone non era presente ed era sostituito da un grosso bullone, ciò per conformarsi alle normative vigenti in loco. Durante tutto il periodo di produzione furono disponibili a richiesta le ruote a raggi Borrani.
Il propulsore era la medesima unità V12 utilizzata nella 365 GTB4 e aveva numero di riferimento interno 251, cilindrata di 4390 cc, lubrificazione a carter secco, alesaggio e corsa di 81 mm x 71 mm. L’alimentazione era assicurata da una bancata di sei carburatori doppio corpo Weber 40 DCN20 o 21, che sugli esemplari destinati al mercato statunitense portavano il suffisso “A”. Erano presenti la doppia bobina e i distributori d’accensione montati nella parte posteriore del propulsore. Nelle vetture costruite per il mercato americano, i distributori erano dotati di gestione elettronica. La potenza dichiarata era di 352 cavalli.
Gli esemplari realizzati per gli U.S.A. erano equipaggiati con degli speciali accorgimenti atti a controllare le emissioni di scarico, che comprendevano un dispositivo per il minimo veloce e l’iniezione di aria nel condotto di scarico. La coppia era trasmessa da una frizione, montata sul volano, a un albero, inserito in un tubolare, che ruotava alla medesima velocità del propulsore. Da qui il moto raggiungeva il transaxle a cinque rapporti, montato in modalità molto simile a quella già utilizzata sul modello 275 GTB4, e tramite i semiassi raggiungeva le ruote posteriori, ognuna dotata di sospensioni indipendenti, bracci oscillanti, molle elicoidali e ammortizzatori idraulici.